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Finché ci sarà una notaNello scorso numero di “Grandangolare” (n.175) nel mio articolo su “Musica e Poesia” abbiamo visto come il Potere della Musica e la Potenza della Parola tendessero in definitiva allo stesso fine: esprimere l’inesprimibile. Tanto che si dimostrava che Musica e Poesia fossero “arti sorelle” e che l’una non potesse vivere senza l’altra, e che anzi l’una completasse l’altra. Senza andare indietro fino agli antichi greci, l’opera lirica è un esempio di questo connubio: parole che tramite il canto si collegano, si sposano, si intrecciano, in una fusione indistinguibile, alla musica che le sostiene, le esalta, le potenzia; e la musica, di per sé leggera e impalpabile, che da quelle parole riceve energia, potenza, esaltazione e sembra quasi farsi immagine, tradotta sì, per così dire, in corpi palpabili che si muovono su una scena (la scenografia) di vita vissuta. Ma anche alcune canzoni, che partono dalle parole, si sostanziano poi e si accrescono con la musica, in un viluppo dove l’una (la parola) potenzia l’altra (la musica) e viceversa: così unite le parole si fanno poesia e la musica si eleva a melodia non più dimenticabile. È il caso di Luigi Tenco (Mi sono innamorato di te), Fabrizio De André (Amore che viene, amore che va), Franco Battiato (La cura), Leonardo Cohen (Hallelujah), Bob Dylan (Blowin in the wind) il cui nome prese proprio da un poeta, Dylan Thomas, per finire al formidabile duo Mogol-Battisti che moltiplicano, a cominciare da Emozioni, la sintonia perfetta tra musica e poesia. È stato pubblicato recentemente anche un libro di poesie di Patrizia Fazzi, Finché ci sarà una nota, che sembra incarnare e sottolineare il duplice rapporto tra musica e poesia. Si dirà: ma poesie sulla musica ovvero che si ispirano alla musica o dedicati alla musica sono già state pubblicate. Sì, ma questo libro, come fa notare il musicologo Claudio Santori nell’Introduzione al libro, non è una poesia sulla musica, ma una poesia che si fa musica: «La silloge poetica Finché ci sarà una nota di Patrizia Fazzi si ritaglia un posto tutto particolare fra i lavori consimili venuti in luce in questi ultimi anni… [è piuttosto] un esperimento di virtuosismo lessicale di sorprendente originalità: una vera e propria scommessa sulla possibilità di fare non la solita poesia sulla musica, ma una poesia che sia musica, una poesia che scaturendo dall’ascolto contestuale della musica, della musica appunto abbia le peculiarità, in uno scambio ardimentoso di espedienti tecnici e approdi espressivi. Questi versi debbono la loro fascinosa freschezza inventiva prima di tutto al fatto di essere improvvisazioni che, secondo la migliore tradizione della musica di sempre, si offrono alla lettura come schegge dell’anima e del cuore, irripetibili e non più passibili di aggiustamento o modifica». E Santori cita i versi:
«…niveo risveglio Una notazione molto importante ci aiuta a comprendere meglio l’operazione poetica di Patrizia Fazzi e il tema dell’improvvisazione accennata da Claudio Santori: ogni poesia di Patrizia Fazzi è stata scritta “durante” l’ascolto di qualche concerto: così l’Ode alla Musica, scritta durante il “Concerto in Badia” (Arezzo) con musiche di Vivaldi e Mozart, così Essere, durante l’esecuzione al flauto del brano “Canto di Natale” di Roberto Fabbriciani, così Finché ci sarà una nota, scritta durante il “Concerto Fotogramma” di Nicola Piovani al Teatro Petrarca di Arezzo, ecc. E dunque anche il flautista di fama internazionale Roberto Fabbriciani (ha suonato come solista con i eccelsi direttori, tra cui Claudio Abbado, Luciano Berio, Riccardo Chailly, Riccardo Muti, e con l’Orchestra del Teatro alla Scala di Milano), nella sua Presentazione alla raccolta fa notare con prezioso acume che: «Le poesie di Patrizia Fazzi hanno la capacità di cogliere il linguaggio della musica portandolo dal piano metafisico a quello letterale. Le emozioni che suscitano i versi sono strettamente collegate a quel divenire nel tempo rappresentato dall’arte musicale al punto che, già ad una prima lettura, abbiamo l’impressione di ascoltare fraseggi, ritmi, armonie, tensioni e risoluzioni (…) Sono e rappresentano a tutti gli effetti un felice connubio fra le due arti. Come la musica evoca immagini e pensieri, queste poesie ci fanno immaginare dei suoni». Le parole di Roberto Fabbriciani sono impegnative: «abbiamo l’impressione di ascoltare fraseggi, ritmi, armonie, tensioni e risoluzioni», che può essere tradotto con: “abbiamo l’impressione che la poetessa faccia musica”; eppure è poesia, ma poesia che si fa musica, ovvero intreccio di musica e poesia.L’aspetto notato da Fabbriciani è meno teorico (nelle poesie di Patrizia Fazzi) di quanto possa sembrare, e anzi è molto più pratico di quanto si possa immaginare.
Così, infatti, il critico e musicologo
Claudio Santori fa notare, con felice cognizione di causa, riferendosi alle
poesie che si fanno musica di Patrizia Fazzi: Alcuni versi sembrano mimare scale maggiori e minori, anche cromatiche, quando l’emozione tracima e si perde in rivoli iridescenti dai finali incisivi che fanno pensare a una cadenza perfetta (…risana ferite / ti affaccia sull’orlo di un petalo / profumato ancora di sole..., p. 27) o più languidi e come rappresi che rammentano una cadenza sospesa (…musica amica / musica / musica / grazie…, p. 35): grumi sonori che Patrizia - pur non musicista - ha in qualche modo intuito e realizzato»! Intuito e, soprattutto, realizzato con rara maestria. Concludiamo con la poesia che dà titolo al libro:
Finché ci sarà una nota,
finché la pelle avrà brividi
di note
finché una nota sarà la
mongolfiera
e una dolce agognata
fantasia
finché battito e sangue
sarai,
tu, musica,
Arezzo,
Teatro Petrarca, 17 febbraio 2003, |
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