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Il tempo che trasforma
“Il tempo è uno scalpello / che giunge fino al nocciolo dell’anima / e lì
lavora, / lì si compie la vera metamorfosi, / nel bene e nel male, scelta
sempre.” Dichiarazione che avvia alla lettura con il palpito dell’imprevisto e
l’illusione della meraviglia, per una silloge che attraversa con il ritmo
incalzante vari momenti di illuminazione e di ombre, per la consistenza
palpabile del quotidiano che si avvicenda tra spazi e strettoie, ascolto ed
illusione, accoglienze e contrasti. Dialogo intimo alla scoperta delle sterzate
che il tempo cristallizza nella fluidità della parola e dell’attimo fuggente.
“Quella di Patrizia Fazzi – scrive Paolo
Ruffilli nella Prefazione – è una poesia sospesa tra la natura, la cultura
(nella potenza creativa che ci porta alla soglia del bello non solo con la
letteratura, ma con la musica, con la pittura, con la scultura, con la danza) e
la parola immaginosa e concreta ispirata dal naturale spirito religioso che
aleggia dentro il mondo e che sembra colmare il dilagante vuoto che lo assedia”.
Percorso poetico che parte da composizioni
datate 2009, 2011, 2012 e così via, per una rincorsa di visioni musicali e
pittoriche che caratterizzano una scrittura attenta e segnata da un non preciso
appagamento di scelte. Ella si adagia ad un’altalena di tristezza ma scuote i
sentimenti quando “questo sole che mi abita / e arreda tutte le stanze, / lo
voglio inseguire/ come il vento l’aquilone/ e poi posare piano / sui mobili di
ogni casa, / infinito raggio”. Snoda momenti di abbaglio e affonda in “un
mondo di parole / che esondano saettando nel buio/ e portano la luce.”
Un simile contesto è frutto di ricerca
ininterrotta, lineare, nella quale le urgenze non seguono un percorso
accidentato, ma in toni equilibratamente lirici delineano una sola storia,
capitoli di suggestioni, mosaico di memorie, scorci di rimandi.
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Recensione |
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