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Mario Luzi e la parola nel mondo

Figura centrale del novecento poetico italiano Mario Luzi si rivela autore
audacissimo nell'approdo dalle giovanili esperienze , racchiuse nelle
complessità simbolica dell'ermetismo, ad una parola del mondo nel segno
dialogico dell'uomo e il suo mistero. Poeta di pensiero nell'inquietudine di una
riflessione e interrogazione religiosa e cristiana che ha anche nell'incontro
con l'altro il quid del suo accadere e del combattimento, sa esprimere questa
tensione nella duplice azione di asserzione al divino e di costruzione civile ed
etica della terra.
La sua infatti è una scrittura in movimento, in decifrazione della storia,
indagata tra le pieghe di un male espanso espresso alla luce di un'identità,
umana e cosmica, tentata da oscurità di separazione e dolore cui contrappone
l'unità di un disegno inclusivo, e dunque salvifico (non stupendo in questo
allora il confluire del dettato anche tra le incisioni intense del teatro).
Nelle controversie di un'epoca progressivamente segnata da angoscia e
solitudine, il verso dunque come interpretazione ed espressione di una trama in
pericolo cui non segue però mai disperazione pur nella desolazione dei paesaggi
e delle anime. L'allargamento al parlato ne è un esempio nella logica del legame
tra gli uomini dato per continuità e salvaguardia di motivi (a fronte delle
contemporanee offese del mondo della città e del lavoro) e nella poesia
preservato alla luce di un divenire e di una costruzione d'assieme.
Autore della
speranza, è anche negli azzeramenti della lingua che intravede gli effetti di
una dimensione umana e sociale lacerata. La fuoriuscita dal dubbio,
realisticamente e faticosamente affrontato, avviene infine così per innalzamento
stesso della parola che proprio nella verticalità della pena, nella prova,
riconosce e incontra la grazia di una creaturale e partecipata, cristocentrica
trasfigurazione ("A
che pagina della storia, a che limite della sofferenza - / mi chiedo bruscamente,
mi chiedo / di quel suo "ancora un poco /
e di nuovo mi
vedrete" detto mite, detto terribilmente // e lui forse è là, fermo nel nocciolo
dei tempi, / là nel suo esercito di poveri / acquartierato nel protervo campo / in
variabili uniformi: uno e incalcolabile / come il numero delle cellule. Delle
cellule e delle rondini").
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