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Dopo
L'Assoluto Perfetto
un'altra forte prova di questa intensa e appassionata scrittrice dal linguaggio
fortemente icastico, di potente evidenza rappresentativa nella ricchezza delle
immagini, prive di ogni forma esornativa, ma tese piuttosto alla ricerca del
segno verbale più denso di comunicativa. Anche in quest'opera di forte
sensibilità lirica affinata dalla sofferenza del vivere, si coglie una potente
nostalgia d'eterno, una fortissima percezione d'infinito, quando l'amarezza, la
delusione per le povere cose del mondo annebbiano l'orizzonte e ostacolano i più
alti aneliti dell'anima, nonostante la difficoltà di appartenere al cielo, che "non
ci appartiene", pur nell'ostinazione di appartenervi | ad ogni costo" (Insostenibile
distanza, pag.14). Se è "impossibile possedere il cielo |
nell'unico tempo che abbiamo" (Viburno, pag. 22)
emerge la lucida coscienza della impenetrabilità del mistero che ci avvolge, "l'indecifrabile"
che " ti sopravvive accanto senza conforto di stelle"
(pag.15).
Meditazione profonda e sofferta che assume talora la connotazione di una
confessione silenziosa che, pur senza approdi sicuri, ripercorre le vie infinite
della ricerca di Dio e del senso del Tutto:
" E tutto par nato dal piccolo giglio |
solitario ai piedi di una Croce" (L'Amore, pag.30).
L'Amore
appunto. sentito e vissuto come unica possibilità di riscatto, come positività
nel nonsenso della condizione umana, che è e rimane mistero a ciascuno:
"Solo l'amore ci fa ricchi...come brezza all'alato la sua luce" (Il
gioco resta gioco, pag. 32). Nella stessa
direttiva si pone il problema escatologico, il mistero della vita e della morte,
quella cesura dolorosa e ignota che fa dire alla scrittrice.
"il fossato che separa | i vivi e i
morti, pari a due rive esangui | che non s'incontrano" (Un'altra storia,
pag. 28).
E
dunque è "sempre più silenzio alla tua riva | pure se il cielo è a un passo
| e la ferita mai rimarginata" (Alla madre, pag. 55).
Ma
"il traguardo è lì, | dove periscono tutte le cose | Avverrà lì la metamorfosi"
(Oltre quell'ora, pag. 64).
Perché
"la vita è un transito di nuvole un
po' redente, un po' svanite | come nella memoria l'eternità dell'addio" (Il
calice d'assenzio, p. 80). Approdo sicuro di salvezza offre però la
poesia a illuminare il buio del cammino quotidiano:
"Poeta t'inventasti la vita | dall'impasto verbale del suo nulla, | fosti per
tutti l'infinito barlume | della luce che tocca il mono"
(Poeta, p.53)
e che non a caso, dà titolo all'intera silloge. Nell'originale tecnica
compositiva emana dalla parola poetica una icchezza tematica di natura
fortemente introspettiva, connotata da una dolente compartecipazione al dramma
esistenziale. E' nello scorrere dei versi un'esigenza di chiarezza che affonda
nel coacervo di dolori che segnano la vicenda umana, per chiarire a sé e agli
altri il mistero che tutto circonda. Pensiero talora non facile da cogliere
nella sua interezza, nella trama sottile, in ogni sua minima sfumatura, ma certo
coinvolgente. Efficacia e lo spessore di ciascuna composizione di questa raccolta
unitaria e compatta pur nella divisione delle parti, inducono il lettore alla
riflessione, alla meditazione, a porsi domande. E nell'inquietudine del mondo
contemporaneo, nel materialismo dilagante, in tempo di omologazione questa è
lirica che induce a rivalutare il mondo dello spirito con umiltà, e potremmo
dire anche in un viaggio di Fede accessibile a tutti.
Mi
piace pertanto concludere questo breve commento con la forte invocazione della
Storia: "Signore, Fratello di
Misericordia, | angelo caduto sugli altari | per un pugno di nequizie. | Le Tue
piaghe tendevi | al privilegio dell'Immensità, | alla perfezione della
Resurrezione. | Mentre il cielo inceneriva | i gigli del Tuo cuore, | Tu
perdonavi le iene dal peccato. | Ora è assenzio dei credenti la croce. | Si
dilava il gemito del vento, | nella sapienza della Trasfigurazione"
(Fratello di Misericordia, p. 83).
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Recensione |
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