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La poesia di Raffella Bettiol è come una finestra dischiusa su un giardino appartato, un “ hortus conclusus” pieno di grazia, di colori e profumi, che però si può solo contemplare da lontano, mai percorrere, esplorare pienamente.
Privo di mediazioni e di guide, se non quelle dei titoli delle sezioni e delle poesie e di due brevi note finali dell’autrice, il lettore dovrà confrontarsi con queste sempre inquietanti ipotesi d’amore. Ma l’amore non è, o non dovrebbe essere, quel sentimento universale dolce, potente, generoso, attivo così tipicamente umano, che ci lega indissolubilmente alle persone, alle cose, ai luoghi, alle idee.., insomma a tutto quanto ci è più caro, prezioso e importante? Già... ma in questo libretto gentile e problematico le nostre certezze sui rapporti d’amore si rivelano ben più labili e approssimative di quanto mai potessimo immaginare. La prima sezione “Familiari”, per esempio, ricostruisce in flash riportati ad un vivissimo presente la storia d’amore dei genitori dell’autrice, una vicenda di serenità e limpidezza esemplare, almeno in apparenza: il giovane professore universitario che si innamora della bella studentessa, il matrimonio, quattro figli, una carriera di prestigio e successi, una vita trascorsa insieme. Ma su questo quadro familiare gravano – non è forse, sempre cosi? – ombre, minacce .Troppo brillante, vivace, irrequieta, lei?
Troppo introverso, insicuro lui?
E intanto
E altre ombre ancora, che si insinuano, come sempre, nei rapporti tra i genitori e i figli.
“Gli occhi smarriti”, ma non per questo meno acuti e penetranti dell’autrice, indagano così nel misterioso complesso degli affetti familiari con struggente tenerezza e straordinaria sensibilità.
Nelle altre sezioni Raffaella Bettiol ritorna a persone, luoghi fatti, personaggi – anche della storia o del mito – che hanno segnato la sua vita e il cuore. Ipotesi d’amore che l’assenza, la distanza, la morte mettono continuamente alla prova, interrompendo care consuetudini, lasciando il vuoto, l’angoscia delle parole non dette ,dei gesti rimasti in sospeso. Il tempo e lo spazio appaiono categorie restrittive dell’esperienza umana, perché tendono a ridurla al flusso confuso e instabile dell’esistere, ad allontanarla irrimediabilmente da chi l’ha vissuta, a renderla inutile e vuota. Ma l’uomo avverte – e l’autrice ne è profondamente consapevole – una vocazione diversa, all’assoluto, all’eterno,come in un richiamo misterioso e potente che attraversa la sequenza affannosa delle occasioni. Così la poesia si industria a riannodare i fili spezzati, a colmare i vuoti di gesti e parole, a riportare al presente dell’amore la poetessa amica E.S.C. rubata dalla malattia:
o a risarcire il poeta veneziano M.S. di una vita di errori e umiliazioni, dell’oltraggio estremo di una morte indecorosa.
Anche i paesaggi, i luoghi esotici e lontani, oppure consueti alla frequenza dell’autrice si avvolgono di un’intensa suggestione: Siviglia e Gradisca, Washington o la laguna di Venezia, le isole greche o il mare del Nord, il Messico come il giardino domestico, sono anch’essi forse ipotesi d’amore ridestate dalla poesia. E alla poesia, magica e fatale poesia, sono dedicati questi bellissimi versi:
Particolarmente intense le poesie di “Eterno femminino” e di “Umanità sofferta” (sette in tutto) dedicate alle donne (Maddalena, Antigone, Medea, Cassandra, Marilyn) e alla bimba rumena morta tra le macerie della stazione di Madrid nel 2004. Donne d’amore, anche la bimba, ipotesi lancinanti di ogni sorta d’amore.
E Lui? E tu? E l’ipotesi d’amore più immediata e vicina a Raffaella Bettiol? A Lui (tu) sono dedicate le ultime tre liriche (bellissime, pensierose) che giocano sul tema del tempo
Eppure questa poesia così intima, scovata tanto a fondo nel vissuto dell’autrice, non ha nulla, proprio nulla dell’abbandono intimistico. Sorretta da una riflessione rigorosa e coerente, spoglia e asciutta nell’espressione, non concede spazi al racconto, alla divulgazione, alla confidenza di sé, si affida ad analogie sorprendenti, a sintesi essenziali, ad un lessico alto, a cadenze metriche e musicali equilibratissime. Una sorveglianza formale severa e incantevole, che non concedendo nulla al superfluo, chiama il lettore a capire, a pensare, a interrogarsi. |
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