|
La poesia di Raffella Bettiol è come una finestra dischiusa su un giardino appartato, un “ hortus conclusus” pieno di grazia, di colori e profumi, che però si può solo contemplare da lontano, mai percorrere, esplorare pienamente. Dopo L’Anima segreta (un titolo davvero significativo!) Raffaella Bettiol pubblica, per l’Editore Marsilio Elleffe, la sua seconda raccolta di liriche Ipotesi d’amore: anche questo un raffinato libriccino, in una veste editoriale semplicissima, senza prefazione, senza dedica. Solo quarantadue poesie suddivise in sette sezioni di ampiezza diversa, come se l’essenzialità della veste dovesse preparare all’essenzialità del contenuto del libro. Privo di mediazioni e di guide, se non quelle dei titoli delle sezioni e delle poesie e di due brevi note finali dell’autrice, il lettore dovrà confrontarsi con queste sempre inquietanti ipotesi d’amore. Ma l’amore non è, o non dovrebbe essere, quel sentimento universale dolce, potente, generoso, attivo così tipicamente umano, che ci lega indissolubilmente alle persone, alle cose, ai luoghi, alle idee.., insomma a tutto quanto ci è più caro, prezioso e importante? Già... ma in questo libretto gentile e problematico le nostre certezze sui rapporti d’amore si rivelano ben più labili e approssimative di quanto mai potessimo immaginare. La prima sezione “Familiari”, per esempio, ricostruisce in flash riportati ad un vivissimo presente la storia d’amore dei genitori dell’autrice, una vicenda di serenità e limpidezza esemplare, almeno in apparenza: il giovane professore universitario che si innamora della bella studentessa, il matrimonio, quattro figli, una carriera di prestigio e successi, una vita trascorsa insieme. Ma su questo quadro familiare gravano – non è forse, sempre cosi? – ombre, minacce .Troppo brillante, vivace, irrequieta, lei?
Troppo introverso, insicuro lui?
E intanto
E altre ombre ancora, che si insinuano, come sempre, nei rapporti tra i genitori e i figli.
“Gli occhi smarriti”, ma non per questo meno acuti e penetranti dell’autrice, indagano così nel misterioso complesso degli affetti familiari con struggente tenerezza e straordinaria sensibilità.
Nelle altre sezioni Raffaella Bettiol ritorna a persone, luoghi fatti, personaggi – anche della storia o del mito – che hanno segnato la sua vita e il cuore. Ipotesi d’amore che l’assenza, la distanza, la morte mettono continuamente alla prova, interrompendo care consuetudini, lasciando il vuoto, l’angoscia delle parole non dette ,dei gesti rimasti in sospeso. Il tempo e lo spazio appaiono categorie restrittive dell’esperienza umana, perché tendono a ridurla al flusso confuso e instabile dell’esistere, ad allontanarla irrimediabilmente da chi l’ha vissuta, a renderla inutile e vuota. Ma l’uomo avverte – e l’autrice ne è profondamente consapevole – una vocazione diversa, all’assoluto, all’eterno,come in un richiamo misterioso e potente che attraversa la sequenza affannosa delle occasioni. Così la poesia si industria a riannodare i fili spezzati, a colmare i vuoti di gesti e parole, a riportare al presente dell’amore la poetessa amica E.S.C. rubata dalla malattia:
o a risarcire il poeta veneziano M.S. di una vita di errori e umiliazioni, dell’oltraggio estremo di una morte indecorosa.
Anche i paesaggi, i luoghi esotici e lontani, oppure consueti alla frequenza dell’autrice si avvolgono di un’intensa suggestione: Siviglia e Gradisca, Washington o la laguna di Venezia, le isole greche o il mare del Nord, il Messico come il giardino domestico, sono anch’essi forse ipotesi d’amore ridestate dalla poesia. E alla poesia, magica e fatale poesia, sono dedicati questi bellissimi versi:
Particolarmente intense le poesie di “Eterno femminino” e di “Umanità sofferta” (sette in tutto) dedicate alle donne (Maddalena, Antigone, Medea, Cassandra, Marilyn) e alla bimba rumena morta tra le macerie della stazione di Madrid nel 2004. Donne d’amore, anche la bimba, ipotesi lancinanti di ogni sorta d’amore.
E Lui? E tu? E l’ipotesi d’amore più immediata e vicina a Raffaella Bettiol? A Lui (tu) sono dedicate le ultime tre liriche (bellissime, pensierose) che giocano sul tema del tempo
Eppure questa poesia così intima, scovata tanto a fondo nel vissuto dell’autrice, non ha nulla, proprio nulla dell’abbandono intimistico. Sorretta da una riflessione rigorosa e coerente, spoglia e asciutta nell’espressione, non concede spazi al racconto, alla divulgazione, alla confidenza di sé, si affida ad analogie sorprendenti, a sintesi essenziali, ad un lessico alto, a cadenze metriche e musicali equilibratissime. Una sorveglianza formale severa e incantevole, che non concedendo nulla al superfluo, chiama il lettore a capire, a pensare, a interrogarsi. |
|
|