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Torna Raffella Bettiol, raffinata poetessa veneta, con una nuova raccolta Una sprovveduta quotidianità. La raccolta, già dal titolo, sembra confermare la natura di ricerca della sua poesia che, dopo Ipotesi d’amore, pubblicato nel 2005, incessantemente ipotizza, sviscera il senso dello scorrere del tempo e del logorio che quest’ultimo esercita sugli animi, sui luoghi e sui sentimenti. E proprio sull’amore si concentra la prima parte della raccolta: che si tratti di amore coniugale, affetto per amici o consanguinei, poco sembra importare. Il sentimento presenta comunque i tratti di una fatica, di una lotta, di un azzardo infi nito per cercare di raggiungere l’altro che sempre sfugge, collocato al di là di un “esile confine” (Azzardo d’amore) e chiuso nel proprio segreto irraggiungibile, come risulta chiaro in La notte, tenera rievocazione di una intimità coniugale mai totale e completa: “Sai non ho il coraggio | di pensarti solo un istante | lontano e ti guardo | gelosa dell’impenetrabilità | che ti avvolge, | ti allontana.” Ma non è soltanto un fondo oscuro a rendere difficili i rapporti: anche un’inesorabile quotidianità, un trascorrere monotono dei gesti e dei giorni che logora, stanca, minaccia di affogare le relazioni nella noia, noia riscattata soltanto, come si accennava, dalla scelta di restare uniti e di azzerare, pur soltanto con il desiderio, il tempo, ben simboleggiato dal passare delle stagioni. Paesaggi d’autunno, inverno, primavera ed estate costellano infatti la raccolta, assieme ad intense descrizioni paesistiche che includono Venezia, il Veneto, il Friuli, ma anche il fascino dei Paesi del nord e la calda sensualità del Sud America. Ma non di bozzetti si tratta:

il paesaggio della Bettiol è sempre carico di simboli, di richiami arcani, quasi che gli oggetti godessero di un “segreto linguaggio” (La notte), nel quale racchiudono il mistero di una eternità preclusa all’uomo e che sembra invece palesarsi, ad esempio, in un’erma solitaria: “Tu sai, | non puoi toccarla, o violarla, | il tempo, tutto il tempo | la rinserra, | noi non l’abbiamo.” (Il porto fl uviale di Aquileia). Solo per pochi istanti, “in un’ora piena| in un’ansia empia d’attesa” (Cividale del Friuli) questa eternità sembra annullare le proprie distanze prima di tornare a scorrere nell’orizzontalità della storia, come suggerito nella poesia ora citata, emblematicamente in posizione centrale alla silloge: “È un giorno senza data e ora | dai confi ni incerti, | seminati d’ombra, | il tempo che separa | dai marmi, dagli umili laterizi | dai nomi incisi quasi | illeggibili”. Ma, al di là di sporadici momenti, all’uomo resta da trovare un senso al proprio vivere quotidiano, per non lasciare senza riposte un lento procedere verso una morte al di là della quale permane forte la speranza: “Ti stringo le mani | non temere, vorrei dirti, | il giorno che precipita | senza fi ne su di noi | non trapassa, | sii certo, | nella notte.” (La torre Contarini del Bovolo). Poesia di speranza nonostante tutto, nonostante la storia, con tutte le contraddizioni della nostra contemporaneità, imponga la propria minacciosa presenza, spezzando la rarefatta e giocosa atmosfera di “sogno veneziano” che pervade la penultima parte della raccolta, La commedia dell’arte. Con grazia incantata sfi lano così sullo scenario lagunare Colombina, Arlecchino, Pantalone, Pierrot, Pulcinella, Rosaura e Casanova; ma le loro avventure sono vinte dal reale che annega Pulcinella tra i rifi uti, relega Pierrot in clinica, distrugge i sogni di Arlecchino, delle altre maschere e perfi no di un burattinaio sconsolato e obbligato alla resa di fronte a un mondo che “forse è perduto | di certo mutato.” (Il sipario si chiude).

Una sprovveduta quotidianità potrebbe dunque quasi essere defi nita una poesia del “nonostante”, o meglio del coraggio del “nonostante”: coraggio di amare, nonostante la fatica, coraggio di ricercare, nonostante la diffi coltà, coraggio di vivere, nonostante le contraddizioni, coraggio di aprirsi alla speranza che questo viaggio, per quanto incomprensibile, non sia stato vano.

Recensione
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