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Carte da gioco. Trilogia dell’infanzia
L’opera di Francesco De Napoli “Carte da gioco. Trilogia dell’infanzia”
già dal titolo si presenta come un misterico cammino a ritroso, che cerca di
richiamare – invocandole dalle immagini, spesso confuse, d’un passato più
doloroso che spensierato – non soltanto volti, luoghi, sentimenti e sensazioni,
quanto soprattutto spiegazioni e giustificazioni a brucianti interrogativi
rimasti, negli anni, in sospeso e senza risposta.
Mi ritorna in mente Marcel Proust con la sua “À la recherche du temps perdu”,
in cui l’autore, stimolato dal semplice profumo dei biscotti, risale a
determinati momenti dell’infanzia, con tutti i particolari vissuti in essa.
Come ben evidenzia Giorgio Bàrberi Squarotti, si tratta di un poema della
memoria: vi troviamo sensazioni legate a vari ambienti della Lucania e della
Puglia, ma anche della Ciociaria, che sembrano tratti fuggevolmente da nitidi
flash di paesaggi, come “orti dorati, arse siepi, vigne nere”, oppure da
profumi di “sciami d’api e limoni, ulivi e granoni, arance e cicoria.”
Ed ecco, al di là delle sensazioni fisiche, le emozioni nel ricordo sempre
presente della figura del padre: “Ti vidi pescatore, muratore, marinaio,
soldato.” Ricordo del padre e del nonno “curvo, uscito a prendere acqua, che
rotolava giù per la stradina”, ricordo della mamma “che sgretolava le dolci
pannocchie” o “in apprensione alla finestra” mentre seguiva gli esiti di un
portapranzi ricolmo.
Cenni leggeri, eleganti e quasi fuggevoli, pieni di presenze vive nel cuore come
di radici profonde che il Poeta ritrova in sé nella necessità di ricostruire il
passato, quasi a volerne possedere la ricchezza attinta alle saggezze antiche
per giungere finalmente a collocarle, serenamente, nella propria anima.
Malgrado “le vuote preghiere di ateo”, il Poeta vuole rammentare e decifrare il
significato dell’esistenza in cui, nonostante tutto, “nulla è andato perduto”.
Come smarrire, rinunciare o negare, infatti, “le frasi scritte dal sole,
l’incedere leggiadro di nuvolaglie, le danze sacrali di lucciole distratte?”
Mi piace immaginare nel ragazzino timido che accorre “incredulo, stupito,
ansante”, il poeta che ancor oggi continua ad affacciarsi sul proprio passato
alla ricerca del vero, esplorando “in angolini bui, tra lumi spenti”.
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Recensione |
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