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Quel mondo da svelare incessantemente
Un libro come non se ne
scrivono più tanti, quest’ultima fatica di Francesco Alberto Giunta. Fa venire
in mente i viaggiatori del Gran Tour che ordiscono il viaggio come ricerca non
dei luoghi, degli abitanti, dei monumenti, del tempo, dei lidi, delle dinne,
della musica e della poesia su cui via via s’imbattono, o dai quali vengono
risucchiati, ma non soltanto. Più compiutamente il viaggio come ricerca, punto e
basta. Soltanto così si può inquadrare questo almanacco e le sue 400 pagine che
discorrono di uomini e di latitudini, di stagioni e di città, di adolescenza e
di riscoperte. Il passo di questo incallito viaggiatore sa tanto di Stendhal
quanto di Baudelaire, ma non mancano Conrad, Dickens, e perfino Leopardi. Di
avventura dello spirito e della conoscenza si tratta. E di tantissime voglie più
o meno appagate, alla cui mensa è invitato prodigalmente il lettore.
Dicevamo prima di
libro insolito non soltanto per le sue dimensioni, quanto e soprattutto per il
carattere antologico, una sorta di crestomazia a cui Giunta approda
scandagliando prima dell’altrove, se stesso, i suoi studi, le sue indulgenze, i
suoi ghiribizzi. Da tutto ciò non si prescinde pur di mettere alla frusta una
curiosità bulimica, quasi senza ritegno. Ma, forse no, il ritegno è sottaciuto,
come il pudore e la riservatezza di un uomo che adopera l’ingenuità come
grimaldello di ogni rinvenimento. E la voglia del bambino per la creazione
della favola. Nonostante tante brutture, il mondo rimane una favola per un uomo
che se ne sente parte viva, midollo e cuore, intelletto e carne. Questo è un
mondo da svelare incessantemente.
Va da
sé quindi che il lettore nel procedere si palesa complice delle scelte e di
quell’andirivieni bohémien dell’autore e delle sue zoomate: che i taxi a Londra
siano lugubri, che i balconi di New Orleans sappiano di filigrana, che la “wasp”
e raffinata Boston sia anche la “patria di fagioli e stoccafisso”, che le
ragazze di Tangeri “chiedano sempre più amore”. Ci potrà mai esserci qualche
dubbio? Complicità che si fa gemellaggio nella penultima pagina quando Giunta si
congeda ammiccante: “Lasciatemi…c he vi parli della voce dei poeti, chiara, larga
di suoni, che al vento serotino imbrigliava l’anima…”
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Recensione |
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