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Affinità poetiche  (Questo verso l'ho già letto)

Le Affinità poetiche (Questo verso l’ho già letto) di cui ha scritto Franca Olivo Fusco costituiscono un valido esempio di saggistica di piacevole e agile lettura.

L’autrice triestina, senza ricorrere alle facilitazioni che i mezzi informatici possono consentire, puntando invece sui prodigi della sua memoria, ha selezionato cinquantacinque poeti italiani dell’Ottocento e del Novecento, individuando “poeti debitori” che hanno “preso a prestito” versi di altri autori, pure stranieri (soprattutto inglesi, tedeschi e francesi) e non solo contemporanei. Oltre ai cinquantacinque protagonisti del libro, ci sono moltissimi riferimenti anche ad altre voci poetiche.

Tra quelli trattati troviamo poeti meno noti come Federico Almansi, e autori che sono più famosi come narratori che come poeti, come nel caso di Giorgio Bassani o Grazia Deledda (Franca Olivo Fusco si sofferma anche su alcuni punti di contatto tra le opere di narrativa e quelle di poesia di uno stesso autore), e altri più conosciuti come pittori come nel caso di Filippo De Pisis.

Tra i “grandi” figurano Giosue Carducci, Guido Gozzano (a Giorgio Bárberi Squarotti si devono studi approfonditi per quanto concerne le fonti dei versi di Gozzano, ai quali l’autrice rimanda), Giovanni Pascoli (anche lui ha scritto Il passero solitario), per citarne alcuni. Tra le presenze più inaspettate proprio quella della sorella minore di Giovanni Pascoli, Maria, e stupisce trovare tra le poetesse alcune attrici: la diva Isa Miranda e Michela Miti.

Inoltre, compaiono nomi del calibro di Dario Bellezza, Giovanna Bemporad, Attilio Bertolucci (di cui si ricorda il libro Ho rubato due versi a Baudelaire), e autori legati all’infanzia come Gianni Rodari, e librettisti come Arrigo Boito (meno noto come poeta e scrittore). Tra i poeti ancora viventi Patrizia Cavalli, Vivian Lamarque, Gabriella Sica.

Ampio spazio Franca Olivo Fusco riserva pure ad autori legati alla sua regione come Virgilio Giotti, Gillo Dorfles, Miroslav Košuta, e ad altri meno noti come Ketty Daneo, che fu tuttavia protagonista di rilievo per oltre mezzo secolo nel panorama culturale triestino.

Alla luce di quanto appena elencato, il ventaglio di proposte, all’interno del percorso di letture delineato dalla saggista, risulta alquanto variegato ed equilibrato, senza sproporzioni tra le parti, anche se l’opera non ha la pretesa di essere esaustiva. Inoltre, in queste pagine troviamo dei rapidi ritratti di molti dei poeti presenti: con pochi tocchi di colore, ci vengono svelati taluni aneddoti ed eccentricità biografiche, che rendono ancor più interessante la lettura complessiva.

La saggista, rammentando di averlo già letto, ha cercato di risalire al «poeta che per primo aveva scritto quel verso»: «Il poeta che cita un verso d’altri quasi mai ne rivela la fonte. Talvolta si limita, bontà sua, a metterlo tra virgolette o in corsivo. Può trattarsi di una citazione letterale, di un’eco, di un calco, di una reminiscenza, di un adattamento. Oltre a proporre per ogni affinità il confronto fra il testo originale e quello posteriore, seppure marginalmente ho trattato anche le affinità stilistiche e tematiche fra autori, nonché l’analogia fra i titoli di alcune poesie e l’utilizzo delle medesime rime».

Esistono talune eccezioni, di cui si dà notizia in queste Affinità poetiche, come nel caso di Virgilio Giotti che, ricorrendo a qualche nota, ha svelato la fonte di alcuni suoi versi (senza far perdere fascino alla sua poesia).

Vi sono autori come Gianfranco Rossi che amano particolarmente ospitare nelle loro opere versi di autori famosi. Invece Aldo Palazzeschi «porta una ventata d’aria nuova nella poesia. Difficile quindi risulta trovarvi versi di altri autori», anche se non necessariamente il fatto di citare versi altrui pone limiti alla propria originalità.

Cenni sparsi a episodi divertenti (o più o meno infelici) mantengono sempre desta l’attenzione del lettore, e donano vivacità al libro. Per esempio, si ricordano le parodie che ha ispirato la poesia Ed è subito sera di Salvatore Quasimodo. E del fatto che la poesia non vendesse (allora come ora) troviamo testimonianza nel libro La città dalle cento meraviglie di De Pisis, edito nel 1923, e nella raccolta Lirica, pubblicata nel 1890, di Annie Vivanti, prefata da Carducci.

Le fatiche che lo studio comporta, come afferma con entusiasmo la stessa saggista, vengono ampiamente ripagate dalle soddisfazioni inattese che si ricavano quando ci si rende conto di «qualche scoperta clamorosa» un tempo sfuggita: «a proposito della poesia di Montale Spesso il male di vivere ho incontrato, ho avuto la sorpresa di trovare “il male di vivere” in questa poesia di Luigi Pirandello, in Romanzi, dal libro Mal giocondo».

A fine lettura viene spontaneo chiedersi se abbia senso ragionare in termini di (antipatiche) graduatorie, data l’evidente soggettività di giudizio: “i versi più amati”, “i versi più belli”, “il miglior poeta della sua generazione”, “uno dei più grandi poeti italiani del Novecento”, “il più grande poeta”, “la poesia più originale”,”il poeta più difficile”, “il libro più venduto”, chi è “poeta”… Non è una gara, non è un concorso in cui vince il più “bravo” (o chi viene ritenuto tale).

Un argomento che pare più diffuso non necessariamente sta più a cuore di altri meno affrontati. A volte i poeti scrivono di cose che non hanno visto, poiché la forza dell’immaginazione può comunque far provare un’emozione reale (interessante esempio, quello riportato da Franca Olivo Fusco per i sambuchi a pagina 224, dove troviamo protagonisti, di un inatteso confronto, Maria Luisa Spaziani ed Eugenio Montale).

In generale, la lettura può risultare molto più proficua, se si riesce ad andare anche oltre i propri gusti, tenendo presente che quello che talvolta ci può apparire originale, in realtà può non sembrarci altrettanto innovativo, se posto a raffronto con quanto non abbiamo letto o abbiamo letto e dimenticato, o valutato impropriamente perché influenzati da stati d’animo momentanei ed esperienze personali, o da quello che abbiamo letto immediatamente prima.

Chiudendo il libro qui esaminato, che ha ampiamente raggiunto l’obiettivo di stimolare ulteriori ricerche e riflessioni, rimane l’augurio che le incessanti letture di Franca Olivo Fusco possano presto condurla alla stesura di altri volumi di Affinità poetiche.

Recensione
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