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Tibet degli ultimi

La poesia di Leda Palma a sostegno fi Amnesty

“Il battesimo voglio d’ogni religione”, scriveva Leda Palma nella sua terza raccolta, Là dove l’ombra, e in figura di battesimo si chiude la sua nuova, la sesta, Tibet degli ultimi. Ė l’approdo (non ultimo: la cerca non ha mai fine) di un lungo andare a se stessa. Già nelle liriche d’esordio, quindici anni or sono, scorgevamo nelle sue introspezioni la prima tappa di un itinerario spirituale-esistenziale e poetico – e già rilevavamo l’approssimarsi dei testi alla brevità essenziale dell’haiku (e idealmente oltre, al “mantra di silenzio”).

Ha poi maturato il suo spirito e la sua scrittura, Leda Palma, viaggiando, non da turista ma da pellegrina, in luoghi assoluti, dai deserti africani alle nevi himalaiane, a incontrare altri e l’Altro. Ha ricevuto Questo nel silenzio, e di quelli – dei tuareg, dei tibetani – si è fatta voce; la mistica non è evasione, e il nuovo libro viene offerto a sostegno di Amnesty International. Tibet degli ultimi consiste di due sezioni: Haiku tibetani e Fra gli dei sospesa. La prima consiste in un centinaio di haiku, nella struttura canonica dei tre versi di cinque, sette e cinque sillabe: forma perfetta per l’espressione ascetica e densa di Leda che, “Lieve d’anima | a spaziare preghiere | in cima al sole”, subito ci si presenta in una disposizione ricettiva: “Sbiancati gli occhi | di neve e spazio attendo | l’atteso sempre” che dà avvio all’immersione nel buddismo tibetano, sino all’illuminazione. L’uscita dal mondo, come Zolla chiamava l’esperienza mistica, avviene per progressivi gradi di rinuncia a sé, personale (Libera d’anni | dove s’allarga il tempo | e sviene l’io”; “Il corpo smesso | tra le onde d’eterno | s’apre al mistero”) e culturale ( “Anima mia | dalla tua idea del mondo | cadi felice”) per l’incondizionato abbandono al divino (“Non dirò più no | nessuna distinzione | unirmi al tu”) finalmente raggiunto: “Il miotuo | è tornato di cuore | in cuore a Te”. Si noti la fusione dei possessivi nell’unico ‘miotuo’, più forte ancora dell’iterazione di ‘cuore’: le sintesi sono spesso affidate a creazioni lessicali; nella seconda sezione del libro troviamo ad esempio ‘disoccidente’ a sigillo di due versi, “Lontana dal tempo | libera di spazio”, in cui l’annullamento delle nostre categorie a priori implica la rinuncia all’intera cultura occidentale.

Fra gli dei sospesa raccoglie poesie di diversa misura. Per quanto tutte piuttosto brevi, esse meglio si adattano a momenti descrittivi o discorsivi, ma soprattutto alla denuncia, che non manca neppure tra gli haiku, vibrata nella sua misura, dell’umiliazione del paese assoggettato alla Cina: “Il braccio gira | l’ultima ruota | della sera. | Sanguina la preghiera | sulla sferza cinese”; “Un tibetano | non può che morire | cinese”; “ A un passo dal cielo | un tempio antico | forse il più antico | dopo la strage | da qui anche i corvi | sono belli | tutti i corvi”. Denuncia che si conclude in auspicio: “Quiete le stanze | d’incensi | offerte di acqua di mele | lumini al burro di yak | In attesa le stanze | Bisbigliano i tanka | sulle pareti | i Buddha i Lama fissi | nel tenue sorriso | di chi | ha raggiunto la meta | Le stanze quiete in attesa | verrà dall’esilio | verrà”.

I testi sono proposti con a fronte la traduzione in inglese di Brenda Porster, impeccabile e spesso preziosa sul piano fonologico. L’introduzione è di Pierluigi Di Piazza, che dichiara piena, grata adesione a questa “meditazione dell’anima, premessa all’impegno nella storia”.

10 gennaio 2012

Recensione
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