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La Madurelli pubblica nel 1823, grazie all’incoraggiamento del marito, la sua prima raccolta:  Gli Epigrammi di Dafnide Eretenia, brevi componimenti che si rifanno alla tradizione latina ed in particolare a Marziale, ma che risentono anche dell’influsso del Parini. L’opera della Madurelli dimostra, dunque, la permanenza in pieno Ottocento, all’interno un centro culturale minore, di un’Accademia arcadica. Quattro anni dopo esce la raccolta Versi che presenta una maggiore complessità nei temi e nello stile. Resta ancora forte, nella produzione poetica della Madurelli, l’influsso della formazione arcadica, ma si delineano anche, nei testi a caratteri autobiografico ed in particolare nel sonetto dedicato al marito, ma anche nel componimento, in cui la Madurelli descrive il proprio aspetto fisico e il proprio carattere (di fronte a sé, come maestri in questo tipo di descrizione, la Madurelli ha, infatti, tre poeti importanti, anche se diversi tra loro: Alfieri, Foscolo e Berchet), alcune “contaminazioni” con gli stilemi romantici. Il legame di Vittoria Berti Madurelli con la propria città e con le sue tradizioni è testimoniato dal poema della Ruota, dedicato ad una tradizionale processione vicentina. Di questo poema, che aveva avuto un buon successo, esistono, due edizioni, la prima del 1823, la seconda del 1833. Il legame della Madurelli con l’ambiente culturale e politico della propria città è dimostrato dai tributi annuali a Marco Antonio Pasqualigo, governatore di Vicenza, durante la dominazione austriaca. Manca dunque nella Madurelli l’adesione ad una  poesia di tipo civile e patriottico, caratteristica della corrente romantica. In questi componimenti la Madurelli appare invece più vicina a Vincenzo Monti che nel poema “Astrea” aveva salutato positivamente il ritorno degli austriaci a Milano.

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