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Con
Scorcia ri limuni scamusciata Filippo Giordano offre una ulteriore prova delle
sue eccelse capacità di maneggiare il linguaggio originale di una Sicilia ricca
di storia e di tradizioni. Il suo pensiero è semplice, coerente con la realtà,
ricco di sagaci intuizioni. Questa “scorza di limone”, se stretta nelle mani,
riesce a far rivivere una realtà caratteristica; già il suo profumo è un
richiamo a quella terra umile e forte che li genera. Giordano prende spunto
dalle cose più ricorrenti, egli intesse attorno alle parole delle dissertazioni
sempre originali, ne evidenzia tutte le sfumature e le paragona alle colombe che
sono alla ricerca del cibo senza mai stancarsi. Con realismo descrive la festa
del patrono e le particolarità che la contraddistinguono: le luci, le
bancarelle, il rientro degli emigrati per incontrarsi con gli amici, gli
applausi all’uscita del Santo. Simpatica la descrizione del “paesuccio di
montagna” con i suoi difetti e le intemperanze oltre ai danni fisici causati
recati dal cattivo tempo. Per i “ragazzi del quarantotto” ricorda le emozioni
dell’interrogazione. Briosa la disavventura dei fichidindia: il giovane deve
rinunciare all’appuntamento con la fidanzata per aver ingurgitato molti
fichidindia che gli hanno occluso l’intestino, si sente la pancia pesante, si
contorce e si batte la pancia per tutta la casa; promette che non ne mangerà più
di due! Parla del calcio troppo ricco, della indifferenza che provoca il suono
dell’inno nazionale, una musica che entra dentro l’anima e la sveglia. Originale
il paradigma fra l’asino e il tempo, il primo è dominabile , il secondo no. La
silloge si conclude con una dettagliata descrizione della festa del patrono San
Sebastiano: “Che gioia la mattina nella piazza”. Piacevole l’attesa per vedere
la processione col Santo sulle spalle, amara la conclusione: un altro anno è
passato. Una raccolta effervescente di poesia dialettale!
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Recensione |
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