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Poeta eclettico,
Gianfranco Vinante, che, nella sua pluralità
creativa, ha
trovato le motivazioni valide per dare libero
sfogo alla sia
ricca linfa creativa. Poesia basata sul gioco di
parole alle
quali viene affidato il compito di diffondere il loro
contenuto oltre
a quegli insegnamenti che dovrebbero essere
alla base di
ogni composizione.
Il merito di
Vinante è quello di dare alle sue parole quel
giusto senso di
coralità, pur attenendosi ad una esternazione
concisa,
martellante, ma attinente alla realtà che l’Autore, metaforicamente,
vede. La sua
metodica espressiva é fortemente
concentrata, le
sue espressioni linguistiche dominate da un uso
sagace della
terminologia. In “Liturgia”
egli dice: “Domani
e
ancora
domani bruceranno | le ore e i giorni come grani | di
aromi
sacrali | a ricordare a trattenere vita | Pure in recinti
esanimi |
di sogni mai giocati”.
Evidente l’allusione alla fugacità
del tempo, alla
reminiscenza di tempi migliori, di desideri
inappagati.
Chiara la metaforicità ben architetta in un sistema
espressivo
involuto allusivo. «Un
dove, un altrove
– evidenzia
nella prefazione
Stefano Mecenate –
costituisce un intrigante
cosmo di
emozioni che graduano la loro intensità in funzione
del
messaggio che contengono: dall’essenzialità del Haiku, alla
incisività complessa delle Rielaborazioni fino alla libertà
dell’ultima parte nella quale la parola si fa più generosa e indugia
verso
quel dialogo interno ed esterno al cuore dell’autore».
La fantasia
galoppa in Vinante, ma egli usa con una non
comune perizia
linguistica che nulla ha di enfatico, ma che
s’incentra sulla
percezione dei termini. L’uso si fa più sofisticato
quando si
cimenta negli “Haiku”, qui l’autore si fa ermetico,
giocando con i
termini in un mosaico linguistico di pregevole
frattura. In
questo caso Vinente frena la sua prolissità,
riesce ad
esprimere queste emozioni con poche tinte, quasi pittoriche,
che hanno un affetto coinvolgente.
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Recensione |
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