Il lazzaretto di Dio che nel sottotitolo recita: "rospi
aquile diavoli serpenti" è l'ultimo libro che Veniero Scarselli ha pubblicato
per i tipi della casa editrice Bastogi e che è uscito fresco di stampa a fine
ottobre 2004. In pratica è la raccolta di tutti i poemi che questo valentissimo
e prolifico autore ha scritto e pubblicato nel corso degli armi. È il suo "poema
dei poemi" che racchiude un interessantissimo percorso iniziato con Isole e
vele e terminato (per ora) con Diletta sposa di cui i nostri lettori
certamente ricorderanno la recensione sullo scorso numero di "Corrente
Alternata". Il poema è per Venero Scarselli, come recentemente mi ha scritto, la
sua vera passione. Di questa sua ultima fatica letteraria di suo pugno mi dice
nella dedica del libro: "...questa sorta di poema unico è il percorso
(accidentato) d'una vita alla ricerca (mai conclusa) del Sublime (se esiste) ma
che almeno si lascia leggere con un po' di divertimento."
Seguo l'opera di Veniero
dal 23 settembre 1995, quando lo incontrai a Vasto durante la cerimonia di
premiazione del Concorso Letterario Histonium che lo aveva visto primo classificato
assoluto con il volume Piangono ancora come bambini. Quella sera, allo stesso
tavolo di un ristorante, approfondimmo la reciproca conoscenza e da allora lui
regolarmente mi invia ì suoi libri ed io ovviamente i miei. Oltre a questi
undici poemi racchiusi in un poema più grande, il volume contiene anche una
brillantissima disamina di quindici pagine, una "Guida esplicativa" su "La poesia
della filosofia". E su ciò ci ride pure sopra quando chiama i suoi versi
"elucubrazioni poetiche". Non mi soffermerò sui vari capitoli di questa
"guida" perché purtroppo lo spazio è tiranno e anche perché credo che avesse comunque ragione
Giancarlo Oli quando scrisse: "...Scarselli è il primo autore che dai tempi della scuola provo il gusto di
leggere e rileggere e riascoltare... solo un vero poeta poteva dedicare la sua
vita alla poesia epica, senza piegarsi al vaniloquio imperante". Termino
queste poche righe pensando al dubbio dell'autore quando si chiede se lui sia
"un dilettante filosofo" oppure "un dilettante poeta". A mio avviso la
risposta la danno quei tre versi di Eraclito che all'inizio del volume precedono
i suoi e mi domando: chi era Eraclito? Un poeta filosofo o un filosofo poeta?
Io penso che la grandezza di un autore si espliciti proprio
anche nei dubbi che lui stesso esprime sul suo lavoro. Dubbi che ovviamente
contagiano anche il lettore.
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