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Se l’invenzione e la sensibilità di Luccia Danesin si manifestano
magistralmente nella fotografia, emergono non di meno nell’arte del verso:
sublimazione – anche per lei – della più esigente ricerca interiore. La sua seconda raccolta di poesie:
Il cerchio dei respiri lo dimostra in
pieno. Qui il lettore viene rapito sia dalla dolcezza delle immagini che dalla
melodia segreta della parola e trasportato nell’atmosfera che l’autrice fa
respirare. Sono versi rapidi quanto incisivi, il cui effetto è centrato con
appropriate metafore entro una padronanza metrica personale.
Il volumetto pubblicato dalle Edizioni del Leone consta di quattro parti
sapientemente organizzate: "Soglie", "Cercherò l’isola", "Il cerchio dei
respiri", "Attimi, ultimi presenti".
La prima sezione è scandita da ..."spicchi di morte", ..."un’ora di
passaggio", ineluttabile, in cui... "cresce lento un parassita". Incombe nel
verso una logica che sentiamo nostra, mentre la vorremmo estranea. Affiora così
la riflessione sul senso della vita, che trascorre verso l’inesorabile passo
della vecchiaia, per raggiungere in ciascuno, cosciente o rattrappito nel
proprio silenzio, un inatteso rifugio della mente inquieta. La seconda parte è
dedicata appunto alla ricerca di un rifugio segreto che conforti l’autrice
nella condizione che la rende estranea a tutto e a tutti, quasi priva di
interesse per gli avvenimenti: risvolti secondari che hanno il potere di
impedirle la voglia di sorridere.
Nelle due ultime parti la prospettiva del morire viene affrontata
direttamente, tramite richiami e memorie che perdono via via il rivestimento
della metafora. Titoli come "Lunga degenza", "Lutto", "Congedo" suonano
espliciti nel preparare il senso dell’abbandono di affetti familiari, per un
appuntamento irrevocabile. Come esempio significativo: "All’incontro, | pieni
di terra, gli occhi di mio padre". La stessa autrice, mentre si sente viva
"guardandosi allo specchio", riflette in sé la sorte di quel mistero: "Ma tu
silenziosa | ti nascondi | dietro l’altra faccia della luna".
Nella sezione finale intitolata "Attimi, ultimi presenti" le presenze di chi
è scomparso suscitano per contrasto quasi un inno alla natura: all’aria, alla
primavera, al profumo dei giardini in fiore, al mare, alle bianche nuvole,
sfuggite alla gioia di condividerle insieme. "Così bianche nuvole corrono j a futuri silenziosi
| tesi in fondo agli
orizzonti". Di qui la considerazione conclusiva: "e il futuro verrà | breve,
insaziato presente".
Un messaggio di poesia trepido e coraggioso.
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Recensione |
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