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Anche
quindici poesie possono essere una raccolta compiuta e queste lo sono
certamente, per compattezza stilistica - la voce di Maria Luisa Daniele Toffanin
ha ormai da tempo un suo timbro riconoscibile - e per unità tematica. Oggetto è
un soggiorno estivo in Sicilia, in uno dei luoghi più mitici non solo dell'isola
ma del-l'intera nazione, cantato con accenti che perfettamente intrecciano lo
stupore meta-fisico e l'emozione rapita dalla bellezza. È una poesia dove la
luce, il buio, gli elementi del paesaggio sono trasfigurati, sollecitando
contemporaneamente - nell'autrice come nel lettore - il duplice imperio del
sentimento e del pensiero. "Muta il vento forme d'acqua | e le oscilla nel
celeste | con più chiare corde d'aria. | Rumori inventa e colori | di
trasparente luce l e odori da un magico profondo. |I Marina è di giorno terso Í
anche nell'anima mia | smossa da una parola sua | da un gesto che mi suonò |
dentro come un maroso".
Le immagini raggiungono una purezza classica, l'eterno
si riverbera nell'istante, il tempo sospende la sua corsa. È impossibile non
tentare di vedere, con gli occhi della mente, quel che l'autrice sta evocando,
ma - come accennavamo - è una visione nel quale gioca un ruolo primario
l'intelligenza: il paesaggio, millenario, si fonde con la coscienza
dell'osservatore, la bellezza si congela nella fissità immobile dell'attimo.
Sembra di trovarsi sull'orlo d'una apocalisse mistica, incantesimo cosmico che
libera dalla caducità e dalla schiavitù: ma non accade nulla e, subito,
riaffiora la metria sensibile, la serenità della quiete e della pace conflitte e
contraddette nella Storia. "Terra di fauni buoni e pacati armenti | di massi
sapienti di ere e di genti | terra da millenni viva | terra di affanni e di
fatiche immani || ... || Cieli dove Dio sogna nidi di gioia". La vacanza è
compiuta, la Sicilia – ancora una volta – ha fruttato poesia e arricchito
l'anima.
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Recensione |
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