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Si verificò un evento, poco più d'una quindicina addietro,
nella poesia italiana. Quell'evento, apparso subito dirompente agli occhi di
chiunque disponesse dei giusti scandagli critici, fu l'apparizione sulla scena
di Veniero Scarselli, che nell'arco di un quinquennio (tra il 1988 e il 1992)
pubblicò cinque libri con la Nuova Compagnia Editrice di Forlì, una piccola casa
– tuttora operante – che, anche solo per questo, merita un posto nella storia dell'editoria
italiana dell'ultimo Novecento. A quei libri ne sarebbero seguiti, in un
crescendo/ampliando di significati e orizzonti, altrettanti, più diluiti nel
tempo ma niente affatto ed.ulcorati nella forza. Testi in grado di segnare, come
detto, la poesia italiana dell'ultima decade del secolo trascorso, ampiamente
riconosciuti da critici, lettori, premi letterari (tutto si può dire, infatti,
fuorché a Scarselli siano mancati i consensi) per la loro forza immaginifica e
visionaria, per la decisività dei temi affrontati, per la perizia espressiva e
la lucidità argomentativa, per il rigore nel condurre avanti una propria idea
di poesia come veicolo di conoscenza nelle forme dell'epica, anziché effusione
lirica o biografica fine a se stessa. Oggi quest'opera, che solo alcuni hanno
avuto la fortuna di poter seguire sin dagli esordi {confessiamo di conservare
con molta cura e gelosia, nella nostra biblioteca personale, quei primi libri di
Scarselli), trova una sistemazione integrale, organica e al momento definitiva – molte e talora profonde sono infatti le varianti e le revisioni apportate
dall'autore rispetto alle prime edizioni – in un corposo volume d'oltre
quattrocento pagine, accompagnato da un ottimo studio introduttivo di Federico
Batini (l'intelligente e meritorio curatore di un sito culturale di prim'ordine
come www.supereva.it) e concluso da un breve saggio dello stesso Scarselli,
utile per comprendere ancor più gli aspetti decisivi della sua attività
creativa. Un volume che, aperto, appare ancor più corposo e denso di quanto non
dica già la mole, poiché tutte le raccolte – per poter stare in un numero
ragionevole di fogli – sono pubblicate non nella forma d'una poesia per pagina,
bensì ponendo i testi in successione continua: scelta tipografica forse
obbligata ma che, in realtà, si sposa benissimo con la natura dei libri di
Scarselli, tutti – quale più quale meno, ma in fondo tutti – concepiti con il
respiro dei poemi e non con l'artefatta geometria delle raccolte. Nei termini
della possibilità offerta dalle opere omnie, ovvero ripercorrere ordinatamente
l'intero cammino di un autore, ci viene in mente solo un altro libro altrettanto
importante in questi anni, ed è quello che alcuni anni fa ha racchiuso e
selezionato la produzione di Rossano Onano. Ma quella dì Scarselli è operazione
ancor più decisiva e radicale, sia per la strenua volontà di interrogarsi sulla
natura stessa del nostro destino su questa terra visto come parentesi tra i due
capolinea della nascita e della morte, sia perché questo libro – nel riordinare
i poemi – diviene esso stesso una sorta di sovrapoema complessivo, leggibile
davvero dal principio al momentaneo epilogo.
Ci accorgiamo che, pur avendo già di molto superato la
dimensione prevista per una recensione, abbiamo detto assai poco rispetto ai
contenuti di questo libro. In realtà a questo compito inane ci sottraiamo, per
una volta, volentieri: su Scarselli si sono opportunamente scritti centinaia dì
articoli, studi, monografie e recensioni, un'intera biblioteca alla quale questa
nostra nota non aggiungerebbe nulla, non potendo certo dare conto di dieci
densissimi poemi in poche righe. Ci basta, e ci piace, riportare il giudizio di
una personalità come Giancarlo Oli: "Solo un vero poeta poteva dedicare la sua
vita alla poesia epica, senza piegarsi al vaniloquio imperante". Una dedizione
assoluta che, Io diciamo a Scarselli con convinzione ma anche con sincero
affetto, è valsa davvero la pena, se pena è stata.
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Recensione |
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