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Prefazione a
Macedonia di colori, suoni, emozioni al vento dei soffioni nel tempo del coronavirus
Valentina Editrice, Padova 2022.

Stefano Valentini
La Nuova Tribuna  Letteraria

Questa antologia poetica incarna almeno due intenti. In primo luogo, rappresenta un primo documento editoriale dell’attività svolta per anni nell’Abbazia di Praglia, in provincia di Padova, nel corso delle molte decine di incontri del Cenacolo “Insieme nell’Umano e nel Divino”, felicemente accolto tra le mura della storica dimora religiosa dall’allora abate padre Norberto Villa, uomo di fede - oltre che di spiccata umanità e sensibilità - e poeta. Un’attività via via raccolta in un centinaio di quaderni tematici collettivi realizzati - con notevole cura e impegno - in veste amatoriale e artigianale, contenenti testi creativi e riflessioni sui più svariati argomenti e autori della letteratura moderna e contemporanea: vi hanno contribuito i numerosi partecipanti, ora assidui ora occasionali, riuniti nell’ambito della felice iniziativa, in una testimonianza vasta e articolata di quanto la poesia sappia rivelarsi motivo di incontro, meditazione, confronto e crescita reciproca. Di quella lunga scia di lavoro, per volontà e disponibilità dei componenti e animatori del Cenacolo più presenti e affezionati, è ora figlio questo libro che, come detto, assume veste specificamente editoriale.

Ma c’è un secondo intento, strettamente legato al tema prescelto: un tema che, con il senno di poi, si vorrebbe non fosse nemmeno esistito, ma che ha invece pesato sulle vite di tutti - gli autori adulti e i giovani, e anche giovanissimi, cui questa antologia si indirizza - in maniera tale da rimanere, incancellabile, nella memoria e nell’esperienza perenne di chiunque. Già adesso ce ne accorgiamo, quando ci torna in mente qualcosa del recente passato e ci chiediamo istintivamente: ma è stato prima o dopo? Prima o dopo la pandemia, s’intende ogni volta, l’evento che ha diviso a metà le nostre vite, sospendendole in un limbo indefinito e cambiandole forse per sempre. C’è un tempo prima, quando ancora non si poteva immaginare quel che sarebbe accaduto, e un tempo dopo, quando più nulla è stato più davvero uguale; così come c’è stato un tempo durante che, pur apparentemente superato nelle sue emergenze, lascia e lascerà i suoi strascichi, quasi un malevolo participio presente che perdura e non vuole davvero mollare la presa.

Non a caso abbiamo usato il termine “malevolo”: è il meno che si possa dirne, considerate le ripercussioni e i contraccolpi - pratici ed emotivi - di tale evento con le sue chiusure, limitazioni, interruzioni delle normali attività quotidiane, in termini innanzitutto di socialità (inclusa, importantissima, quella scolastica). Un effettivo trauma affrontato da ciascuno a proprio modo, ma senza che nessuno possa sostenere di averlo vissuto bene. Tuttavia, tra le molte qualità di cui la poesia può essere portatrice c’è anche l’attitudine a farsi largo nell’oscurità, a cercare con forza, impegno e fiducia una luce che possa fendere, o almeno attenuare, le nebbie dello smarrimento e dell’incertezza. Lo può fare con le modulazioni più diverse, esplorando tutte le possibilità della parola, e al riguardo ci piace citare un passo di Andrea Zanzotto (1921-2011), importantissimo poeta non meno che indagatore strenuo delle opportunità e ragioni del lessico, tanto letterario quanto umano. Tra i suoi vastissimi lasciti, memoriali e magistrali, c’è anche questo pensiero, uno dei molti da lui dedicati al tema dell’idioma primigenio:  «Provavo qualcosa di infinitamente dolce ascoltando cantilene, filastrocche, strofette (anche quelle del Corriere dei Piccoli) non in quanto cantate, ma in quanto pronunciate o anche semplicemente dette, in relazione a un’armonia legata proprio al funzionamento stesso del linguaggio, al suo canto interno».

Questa antologia sembra fare davvero tesoro di tale prospettiva: canto, pronuncia, dizione che divengono armonia a più voci, sostanziando il titolo - Macedonia - come mescolanza e fusione di elementi diversi, ciascuno gustoso anche preso a sé, ma che nell’unione dei vari sapori, e delle varie anime, offre un risultato ancora più pieno e compiuto. In ogni boccone portato alle labbra si può ben cercare di distinguere, quasi come in un gioco, il singolo aroma, ma è nella loro compenetrazione, nella loro (diremmo) comunione, che si realizza il senso più alto della pietanza. Qui ogni autore rimane se stesso, seguendo il proprio stile e le proprie inclinazioni, e nel contempo partecipa, si fa parte, di un insieme ancora più ricco.

Alcuni testi scelgono di rivolgersi direttamente ai giovanissimi, in forme tendenti alle filastrocche rimate, altri lo fanno in modo più mediato e letterario, cogliendo aspetti della realtà che accomuna adulti e ragazzi; alcuni affrontano direttamente il tema della pandemia (comunque non obbligato, ma sotteso), altri lo introducono allusivamente attraverso le molteplici articolazioni offerte dall’espressione poetica; alcuni si calano dentro ciò che è avvenuto, in un percorso di meditazione e riflessione, altri si proiettano fuori e in avanti, verso un tempo che si desidera migliore. Dall’intreccio di tali prospettive, dalla sovrapposizione delle variegate angolazioni dello sguardo, scaturisce un felicissimo connubio tra fantasia-fantasticheria e realtà (anche naturale) d’ogni giorno, nel quale la quotidianità e l’ordinarietà delle ore divengono straordinarie sia per conseguenza di quanto si è attraversato, sia perché la poesia può davvero, se non salvare, almeno migliorare la vita: tutt’altro che frivolezza, è invece una palestra inestimabile di sensibilità e conoscenza, espressività e misura, apertura e proiezione verso l’altro e l’altrove. Il tutto in un’ottica di speranza, positività, affermazione e riscoperta di valori etici e morali dei quali più che mai si avvertono l’importanza e la necessità.

Così la pluralità-macedonia d’anime e voci unisce e riunisce, con la propria testimonianza, non soltanto il gruppo che ha dato linfa al Cenacolo, ma - in qualunque età della vita si trovino - tutti coloro che avranno desiderio e volontà di porsi in sintonia, e in armonia, con il mistero della parola poetica: quella parola che, in nome dello stare e riconoscersi “insieme”, stabilisce un ponte tra umano e divino, tra la contingenza e l’assoluto. Accomunati, come individui e poeti, nell’immagine del soffione che, fragilissimo simulacro di perfezione e bellezza, dissolve la sua forma e svela la sua forza per indurre, dalla propria singolare esistenza, una propagazione vitale in grado di attecchire vicino e lontano, portata dal vento che supera gli ostacoli, nell’immediatezza del qui e nella vastità dell’oltre, al di là di tutto e nonostante tutto.

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