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Villa degli Orti Redi. Un giardino aretino da scoprire tra i luoghi della memoria

Un libro al femminile. E’ stato definito così il volume edito da Prometheus “Villa degli Orti Redi – Un giardino aretino da riscoprire” di Anna Bartolini e Patrizia Fazzi, presentato presso il “Bar dell’Accademia”, Hotel San Michele a Cortona dalla Fondazione “Nicodemo Settembrini”. Otto capitoli, una raffinata veste editoriale e un puntuale corredo fotografico ad opera delle cortonesi Giuliana Bianchi ed Emanuela Ceppi, in parte inedito e in parte dovuto all’Associazione Fotografica IMAGO di Arezzo, per una composizione letteraria dall’architettura semantica solida e lo stile scorrevole. Ed è spettato al Prof. Francesco Solitario, Docente di Estetica presso l’Università di Siena, entrare nel merito del libro, dopo l’introduzione del dott. Stefano Duranti Poggetti e la puntuale presentazione del Prof. Nicola Caldarone, dalla quale è emerso il ruolo anche didattico della cultura soprattutto nel contesto politico. Un contesto storico, precisa Caldarone, da epurare dall’interesse in favore del bene comune, proprio come suggerivano Platone e Cicerone. Concorda in pieno con questa posizione Solitario, che del volume decifra la componente umana per declinarla nei termini di riscoperta dei luoghi della memoria nei dintorni delle nostre città. Memoria intesa come ricordo di microeventi personali e di macroeventi della Storia, e dunque come possibilità di insegnamento per le generazioni a venire.

Lo si può dedurre, rileva Solitario, proprio dallo studio di Villa degli Orti Redi, attuale sede delle Carmelitane Scalze, il cui succedersi di vicende e personaggi ne determina la rilevanza. Dai fondatori Fossombroni del Cinquecento, fino ai proprietari dell’800 e del ‘900, passando per i Redi e in particolare Francesco (cui va il merito di aver impreziosito il complesso fino a dargli il nome), la villa si pone, al vaglio di Bartolini e Fazzi, come un exemplum da riscoprire e rivivere nonostante, e forse grazie, alla dimensione intima e alla scarsa pubblicizzazione.

Unico nella sua bellezza architettonica, indimenticabile nella sua veste storica, prezioso per gli arredi, l’edificio si incastona nei dintorni della città di Arezzo con una indiscussa purezza di linee. Suggestive anche le opere d’arte al suo interno, venature di passato nel giglio della modernità, che rivolgono un invito delicato ma pressante alle giovani generazioni, a cercare “un’approfondita conoscenza” della storia locale e nazionale. Un invito che, scrivono le Autrici a p. 10, si riceve anche solo “alzando lo sguardo agli stemmi, ai decori dei tanti palazzi, alle multiformi impronte che il tempo ha inciso nei luoghi civili e di culto, in un intreccio di memorie illustri e quotidianità in perenne movimento”.

Un “libro al femminile”, dicevamo. Perché al femminile sono le scrittrici, Anna Bartolini e Patrizia Fazzi, cui si aggiunge anche la Dott.ssa Ilaria Pugi per il cap. VII; al femminile è la maggior parte degli scatti; al femminile sono coloro che oggi vi risiedono, vale a dire le suore. Dunque una tessera, questo libro, nel mosaico della ricostruzione delle vestigia aretine, passi compiuti da giganti per indicare il cammino della conoscenza a chi gigante non è. Un cenno ancora sulle autrici, Anna Bartolini e Patrizia Fazzi, entrambe ex-insegnanti di Materie Letterarie e con all’attivo numerose pubblicazioni e riconoscimenti.

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