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In questo singolare poema,
o romanzo lirico in poesia, l'Io narrante rievoca dal suo letto di morte,
ridottovi da una mostruosa punizione della natura, le tempestose vicende della
propria aberrante lussuria: l'esplosione delirante d'un amore, poi la sazietà e
l'impotenza del maschio e tutti i suoi vani tentativi di salvarsi dall'onta e di
salvare il suo rapporto con la compagna anche con l'aiuto di stimoli estranei
all'amore, anche con le ammucchiate, con la fede cieca e ingenua in un'apertura
della coppia verso una sorta di amore universale; ma la deviazione dai binari
morali non porta che alla distruzione del rapporto, alle sofferene,
all'angoscia e infine al contagio mortale con una terribile malattia.
Come si vede, si tratta di un testo compatto, di un "unicum"
d'energia che rompe con la tradizione allusiva e metaforica della lirica per
dimostrarsi, dopo lungo "viaggio" di "narratio" e di "discorso", stilema quasi
allegorico. Esso trascorre le sue fasi dentro stesure liriche predisposte per
coinvolgerci in un'esperienza proteiforme. "Intellegere" queste pagine non è
operazione immediata, è più facile esserne trasportati, afferrati dalle sorti
dell'io lirico narrante, poiché sui panneggi di questo "cursus" magmatico le
figure prorompono da un cosmo organico trovando slancio e scivolando da sé
stesse ininterrottamente.
Ciò che colpisce ed anche stupisce è questa capacità di
costringere l'attenzione di chi legge nel dettato logico discorsivo, comunque
legato ad una variabilissima "coacervatio" di mutuazioni, di parole che si
unificano attorno all'imperante direttrice di sensi, sesso, solitudine
totalitarie sulla immaginazione e la figurazione. Scarselli cela
nell'allegoria complessiva la sua memoria, la sua vita e il suo futuro
rivestendoli di scorze disposte per fasi successive; ma in questo "unicum" di
vita che si è fatta carne, condanna e persecuzione, si racchiude un Eden senza
riscatto in cui prevale, dell'umano sistema cartesiano, la coordinata
orizzontale legata all'Eros e alla terra che lo include. Il "viaggio" che il
poeta ha intrapreso è quello di un io in due persone alla ricerca della
completezza erotica e materna alla quale tende disperatamente: Vita natural
scemando, il soggetto narrante scopre nelle cose dell'amore la sofferenza, ma
ormai è invischiato nella sua primigenia natura: inizia quella quasi
psicanalitica "divisio" fra l'io maschile e l'io femminile in cui infine si
scopre che ad abbandonare la figura erotica maschile è la stessa figura materna,
vista però come cupa origine del mondo. Indicative di questa chiave di lettura
sono soprattutto le due ultime poesie, in cui avviene il distacco tra il magma
primigenio, la Madre e "questo corpo straordinario | che patisce senza lacrime
l'attesa"; e al lettore allora torna in mente tutta la preparazione, avvenuta
nel corso del racconto, a quest'avvento della Morte, che nella concezione di
Scarselli è rappresentata come una umana impietosa trasfigurazione che avanza e
cresce man mano che il "viaggio" procede. La consapevolezza della sua presenza
perciò è preparata: è la crescita di un "altro", quasi un corpo estraneo, un
orribile tumore cine peraltro appartiene alla persona e ne condivide al stessa
materia.
Come la Madre rappresenta il distacco dovuto alla sofferenza,
la consapevolezza di fine e di ritorno che accomuna tutta l'umanità in un
riapertura continua e coacentrica di cicli, così la Morte diventa
indispensabile maieutica di una dottrina che accomuna entrambi i termini. Si
giunge a questa conclusione per via di un lirico "viaggio quasi amniotico". Le
ondate travolgenti "che stritolano la vita" costituiscono l'entità che "ci
spinge imperiosamente con la sua forza | nella terribile latebra del mondo". E
questa è l'abisso che si presenta e che ritorna (in armonia con l'uso ritmico
di una versificazione in legatura quasi continuata) a squarci, come la risacca.
Nella scrittura scarselliana la profusione delle coordinazioni diventa la
variazione assillante dei lacunosi contrasti di sesso, appagamento, caduta,
morte, sacrificio. Si materializza qui, ma illusoriamente, la certezza
dell'essere umano: "una bizzarra | architettura soltanto ideata- | ma mai
realizzata, | con tutte le finestre dei suo sensi | guardanti in un buoi
cortile". E' lo strano labirinto della"tarne che non aspettava salvazione dal
"lungo tubo senza fine della Morte" e si fa vessillo di un eroico stradario
cieco alla mela., luogo di maraviglia per una festa nell'isola di Cnosso.
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Recensione |
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