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Nonostante i numerosissimi e dotti tentativi di dare una definizione alla “poesia”, essa resta in fondo un qualcosa di impalpabile, trasparente e incontenibile come acqua corrente, eppure dotata di una forza in sé, di una tenacia e di una dirompenza eccezionali, forse addirittura metapsichica (quanti scrivono lasciandosi andare ad una sottile impercettibile “ispirazione poetica”, che successivamente viene “raffinata” e limata giustamente dal proprio intelletto ed esperienza culturale?…). Un mistero, dunque, ma un mistero che offre il suo lato “terreno” fulgido, sempre ricco di novità (ché infinite sono le sensazioni e i sentimenti, e di pari passo infinite sono le modalità letterarie che li possono esternare), sempre pronto e immediato a “colpire” emozionalmente l’anima e la mente degli uomini: una forma d’arte senza dubbio, perché la poesia, la vera poesia, giunge come uno strale direttamente in noi, “cortocircuitando” i sensi ma soprattutto la nostra razionalità, che vuole a tutti i costi applicare alle letture del mondo le leggi matematiche e fisiche. Così la poesia è libera, slegata dai princìpi e dai canoni, dalle leggi sintattiche: “M’illumino d’immenso”, basti qui riportare, per esemplificare come il grande Ungaretti sia riuscito a sintetizzare con soli due termini tutto un mondo interiore.

Un universo parallelo in cui e da cui ci immergiamo ed attingiamo, come dal dantesco empireo, i sogni, le sensazioni, le segrete verità, l’io riflesso e insomma tutto quanto sta oltre la nostra durezza materiale e degradabile, circoscritta e finita. Per questo la poesia è, e sarà, sempre diversa dalla prosa, nella quale l’autore è in sostanza un esperto ingegnere (come afferma Umberto Eco) che progetta e pianifica la sua storia, utilizzando dottamente tutti gli strumenti letterari in modo aderente alle regole.

Pur tuttavia la poesia non rimane “sospesa”, o in definitiva non è un cumulo di parole sensa senso messe lì a caso e basta, che con il pretesto della “libertà” molti, consapevolmente o inconsapevolmente, producono. La linea di demarcazione è molto sottile. La vera poesia si “sente” dentro, si ascolta e si interiorizza. Come la poesia di Mirella Genovese. E’ infatti una poesia, quella di Mirella Genovese, laureata in lettere classiche, preside, autrice siciliana di notevole talento poetico e letterario, che con questo suo ultimo lavoro poetico, intitolato Ascolto, si colloca certamente ai vertici, e nella quale ogni parola, ogni termine, ogni verso, assume un vigore straordinario, conferendo agli stessi uno spessore semantico notevole, per cui vi è nelle sue poesie un arricchimento continuo e ogni volta nuovo di significato e significante.

E’ una poesia riflessiva, meditativa, che si dipana e fluisce organicamente in tutta la sua raccolta, offrendo spunti pregevoli, per il lettore, di avvicinamenti alla sfera più intima delle emozioni e delle sensazioni (“Camminando nella notte | solleviamo lo sguardo | col turbante a sghimbescio. | Un orlo di luce | trafigge l’orizzonte | sulla landa. | Qui è sbocciata | una stella cometa | tra le lastre roventi del vulcano.”), utilizzando con sapienza la metafora (o meglio: il “leitmotiv”) dell’”ascolto”, che è propria dei poeti autentici, ma che qui assume certamente maggiore valenza: e si tratta di un ascolto silenzioso, meditativo come dicevamo, ma che proprio grazie a questo, l’Autrice riesce ad individuare e ad esprimere poi al meglio tutto il suo dettato poetico. Non a caso, Paolo Ruffilli, nella sua dettagliata prefazione, accenna giustamente ad una continuità di motivi e di stile, che permettono alla nostra poetessa di “approdare” felicemente a questo nuovo interessante libro, dove si concretizza alla fine la sua ricerca più approfondita e pertinace: un verso intenso e ben lavorato, scevro da ogni inutile e pesante fraseggio; una parola che già di per sé, nel significato e nella posizione nel verso, caratterizza l’eco e la profondità del dire: “Lieve frescura | solletica l’incavo | del piede sfiora | le caviglie e le palpa” (“Soffio dello spirito”). La semplicità del suo dettato poetico, semplicità intesa naturalmente non nel senso di povertà espressiva, bensì nel senso sinottico (e ci vuole davvero del talento per giungere a ciò!…), ed inoltre la grande padronanza dei termini e delle giuste collocazioni e sospensioni nel corpo poetico (molte delle sue poesie, come ad esempio quella riportata a pag. 51 del libro: “Velo oleandro cactus”, possono tranquillamente essere assimilate alla “poesia visiva”, che offre al lettore anche un primo immediato “colpo d’occhio” pre–poetico!), pongono sicuramente e meritatamente la nostra poetessa in grande evidenza e considerazione nell’attuale panorama letterario nazionale.

da: Circolo Letterario Anastasiano

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