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L'amore, l'umanità, l'esistenza
nella poesia di Pasquale Montalto

Carmelo R. Viola

Sapevo che dietro il rigore dell’antropologo del tabù dell’incesto – cui ho dato il mio modesto contributo – ci fosse il poeta, ad ennesima convalida della tesi di una mia lontana conferenza palermitana: “Poesia, una ragione per vivere, l’altra faccia della scienza”. Il primo disagio della persona umana dipende dall’insufficienza emotiva del percorso fisiologico, che sa di futile e di invivibile. Donde la noia e l’angoscia e, senza un intervento “correttivo”, lo stress che deprime… L’uomo ha bisogno di un “di più”: è la poesia. Il gioco dei bambini non è lo stesso di quello dei cuccioli di animali.

Cinque pulsioni vitali muovono il soggetto umano. La quinta, la sessuale, è la “fame della specie” o il bisogno di una scarica emo-viscerale, detta orgasmo (Reich), dentro cui si colloca il possibile evento procreativo: se si pensasse solo al servizio procreativo (Mantegazza diceva che “il piacere è la legge machiavellica del padreterno”) o ad un cortocircuito psiconeurotico, nessuno amerebbe fungere, in piena coscienza, da veicolo genetico o prestarsi ad una convulsione biofunzionale fine a sé stessa.

L’uomo ama parlare di sogni: magari non sa cosa siano, ma ne parla. Una coppia di sposi parla di sogni da vivere. E’ poesia. Poesia è anche il sogno sognato, ovvero quello respinto nel passato. La biografia è fatta anche di sogni. E’ errato pensare che solo l’amore fisiologico produca dei sogni: ne producono tutte le pulsioni vitali a partire dalla fame, la cui insoddisfazione trasforma in sogno la possibilità di un cibo o di un liquido quale che sia. Segue il bisogno materno, che è quello della rassicuranza affettiva e della difesa dall’ignoto e dalla paura del nulla (morte): non produce solo la religiosità e le varie religioni ma anche l’amicizia e l’affettività. Vi è poi quello dell’autotrascendenza, della creazione dei valori, della voglia di non morire e di sopravvivere nei posteri (Foscolo) e, infine, quello di identificarsi con il proprio corpo, gli affetti e gli ideali. Tutti questi sogni li ritroviamo nell’accezione onnicomprensiva dell’amore del poeta e interessa tanto l’innamorato, tanto il volgare beone quanto il combattente sociale.

Parrà lunga quest’antifona (magari effetto di una mia non impossibile deformazione professionale) ma ha lo scopo (e questo, spero, mi faccia assolvere) di mettere nella giusta luce l’uomo Pasquale Montalto, la cui poesia è la sintesi di quanto ho appena detto con in più l’animo dello psicologo, del sessuologo e soprattutto dello psicoterapeuta e del seguace e didatta della Sophianalisi, elaborata da Antonio Mercurio e di una personale concezione esistenziale della poesia come conferma di tutto il mio assunto. La poesia, infatti, è esistenziale per definizione. Ciò vuol dire che è vera quando è “sentita” e quando è sentita, è come la sintomatologia di un male o forse come l’iride dove pare sia possibile leggere tutta la situazione fisiopatologia del soggetto.

Possiamo dire che ogni uomo in quanto tale ha la sua poesia, che la poesia non è fatta di sole parole scritte, che anche la grafica, la pittura e la musica (per non andare più lontano) come un progetto scientifico (come strumento di valorizzazione personale e di maggiore benessere sociale) sono poesia, e che ogni poesia è unica e irripetibile come l’individualità di cui è espressione.

Del Montalto, autore di ben dieci sillogi, dispongo al momento di uno spaccato limitato ma sufficiente della sua produzione: un gruppo di composizioni contenuto in “Fragranze e profumi” (Publiscoop del 1996); “Amicizia e amore” (Medialibri del 2006 e “I colori dell’amore” (Nicola Calabria del 2008). In verità gli editori non m’interessano più di tanto se penso che gli autori più ricchi sono bene accetti non per l’arte ma per i profitti. M’interessa il contenuto, il vero filo conduttore della cultura sommersa, da qualche tempo resa più isolata da una gestione usuraia del servizio postale, che, tra l’altro, ha abolito la categoria stampe, la classica linfa di scambio del settore.

Lo studioso Montalto è figlio di un proletario, recatosi in Germania per lavoro quando lo stesso aveva appena sei anni. Il piccolo Pasquale deve avere interiorizzato emozioni e patemi d’animo non indifferenti, di quelli che si portano dentro per tutta la vita. La povertà infantile si traduce in rabbia sociale contro le prevaricazioni dei prepotenti e in un innamoramento quasi ossessivo dell’amore, come risposta all’esistenza (Errich Fromm) dentro cui ha la forza di metterci anche i sogni dello scienziato. “La mia storia – scrive a p. 49 del primo testo – mimetizzata | su di una pagina bianca, | bussa sull’ignoto della vita | e sussurra parole | trasparenti e leggere, | a un crocevia | della destinazione ignota; | la mia storia, | con intrecci di ragnatele, | scrive parole di mistero, | sul libro del mio corpo; | la mia storia, | che s’illumina | di curiose meraviglie, | parla e vive | di grandi amori | come in un antico di fiaba”. In questa breve composizione l’A. ci ha messo tutto il proprio inconscio di giovane esistente che scopre la bellezza della vita e insieme i suoi risvolti onirici e misteriosi.

Alcune composizioni sono tradotte in francese dal noto italianista Paul Courget, altri in Esperanto dal non meno noto uomo di cultura ed esperantista Amerigo Iannacone dando alla produzione “moltaltiana” anche un accattivante tocco di internazionalità.

Il testo “Amicizia e amore” contiene già nel titolo parte di quella sincrasi di motivazioni esistenziali, di cui parlo più sopra. Il titolo della prima composizione (p. 19) “Coscienza nomade dell’io nell’infelice vita sociale” ne completa il concetto: la ricerca (nomade per definizione) del perché di un’esistenza socialmente infelice: non solo perché si manca di giustizia ma anche perché si ha bisogno di quel “di più”, che è la poesia senza della quale l’esistenza stessa (intendo quella umana) sarebbe impossibile. Riporto l’intera prima strofa segnata dalla parentesi: “(Il padre emigrato, | l’infanzia minacciata, | sfruttamento, abusi e lavoro nero, | vitree sofferenze sull’Io, | dalla nascita viandante | nel mercato delle classi sociali)”. Da questo capoverso è possibile vedere una prima dimensione dello stile del Nostro Artista, il quale, come in questo caso, talvolta al discorso preferisce un’elencazione di parole o locuzioni isolate come di appunti ed annotazioni lasciando al lettore il compito dei legamenti e complementi sintattici. A conferma i successivi due righi: “Necessità e bisogni la mia storia, | figlio del Sud e proletario,”. E verso la fine: ”Materia l’esistenza, | onnipotente il potere, | la morte s’insinua nella vita.” (p. 21)

La composizione di p. 33, “Società oggi”, si apre con questi tre versi: “Comunità anaffettiva, inospitale, | intollerante, intransigente e insopportabile. | Insofferente, equivoca e truffaldina.” Potrei continuare a lungo per sottolineare quello che già sappiamo anche come contenuto. E’ invece utile e necessario indicare una seconda dimensione della poesia del Nostro: quella di chi sa offrirci anche composizioni che parlano insieme alla ragione e al sentimento, e raggiungono direttamente la nostra sfera interiore come una suggestione ipnotica e costituiscono da sole esempi di poesia sociale o, come preferisce l’A., esistenziale visto che affronta, anzi coinvolge, i problemi prìncipi dell’esistenza – e di capolavori comunicativi che fondano estetica ed etica. Penso a: “Sfruttamento (Sud)” (p. 34), che non posso non offrire per intero – nella sua piccola-grande entità – a chi mi legge per giustificare pienamente il mio giudizio nient’affatto gratuito. “Battono, | i raggi cocenti del sole, | sulla fronte dell’umile operaio, | che impasta con il sudore | la polvere della terra. | Il suo corpo | è stanco e ricurvo, | la sua mente | non ha più forza per credere, | la sua voce, si perde | nell’anomia di una folla di maschere.” Sono le parti che valgono quanto il tutto. Se non di più. E che vale la pena di segnare, sottolineare, chiosare, leggere e rileggere perché dentro ci trovi per intero l’anima dell’Autore.

Nella poetica di Pasquale Montalto vi ricorre con molta frequenza la parola amore – come ci dicono gli stessi titoli dei libri in mio possesso, dentro cui l’A. ci mette più del significato letterale del termine seguendo le tradizioni del grandi poeti del Trecento.

Da “ I colori dell’amore”, e precisamente a p. 51, riproduco tutto un passo della lunga composizione “Saluto al mare”, che ripropone il meglio del nostro Montalto, uomo di scienza e di poesia, capace di assaporare la gioia dell’esistenza (che, secondo la biologia sociale, è “emergenza” dall’inconscio biologico), l’ammirazione sull’infinita madre-natura (Leopardi) e dello stesso miracolo, che è la vita. “Stretti nel cerchio dell’anima, | brindiamo – in alto, | ad ogni bellezza ritrovata | e – col cuore in mano, | seduti sul muretto del belvedere, | posto in bellavista sull’infinito | orizzonte del mare – dove già | i gabbiani rincorrono l’onda, | sulle prime luci dell’alba – | festeggiamo l’ebbrezza di nascere, | in compagnia della vita”.

Pasquale Montalto è un estimatore sincero della biologia del sociale, mia creatura. Per la cronaca è uno dei prefatori del saggio “La quarta dimensione biosociale, ovvero Cenni di fisiologia dell’identità” (Primo premio assoluto per la saggistica - 1996): la sua condizione di psicologo psicoterapeuta gli consente di comprenderla meglio degli altri perché la sociologia è come la medicina della società. Inoltre, egli la rivive come operatore della Sophianalisi, nata da un superamento della psicanalisi. Il Nostro Autore ha 55 anni e conta l’attenzione critica di nomi di tutto rispetto come Giorgio Bárberi Squarotti, Antonio Piromalli, Antonio Càtalfamo e Tommaso Scappaticci, tanto per citarne alcuni. Disegni delle copertina ed interni sono opera di Alice Pinto, compagna di vita e di arte.

L’arte poetica del Montalto non segue una scuola ma fa capo a sé come ogni produzione, che ha il crisma della veridicità in quanto originale, autentica e sincera. Non ama la rima né le assonanze: è libera come il pensiero. Ha il dono raro di conciliare in un unico slancio quella scienza e quella poesia che un pregiudizio ritiene incompatibili ma che, al contrario, sono facce della stessa umanità evoluta, capace di concezione creativamente critica e di (auto) suggestione estetica. E’ pertanto anche giornalista e saggista.
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