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Non cessano di stupirci i due coautori di questo terzo testo di drammaturgia poetica.
Possiamo definire l’attuale azione teatrale, profondo esame di coscienza contro l’emarginazione del “diverso” che poi “diverso” non è. Le pagine scritte dalla Carraroli si intervallano con le foto dell’ambiente, sapientemente apposte da Luciano Ricci. Ecco perché preferisco parlare di coautori, anziché dividere i due ruoli: l’uno senza l’altro non avrebbero offerto, a mio avviso, un’opera così completa di arte e umanità.
I
personaggi sono: Introduce l’opera l’infermiere, sottolineando la chiave, segno di apertura della sempre uguale mattinata dei 500 reclusi del Ferri - o padiglione 4 -, chiave che torna la sera a chiudere i galeotti dentro nuda rumorosa camerata[1] Continua il coro: isole in mezzo / tavoli a circumnavigare/ a forza di piedi strascicati(…) [2] E la sberla del custode ci richiama/ a un’altra mano/dal tepore che l’anima conserva.[3] Particolarmente felice il quadro dei poveretti : la singolare sensibilità della poeta legge nella loro anima. Si sofferma il lettore su questa immagine. Difficile, proseguire . “E passano le ore senza senza fretta / nel senso che il nostro giro inverte”(…) Galeotti antiorari, noi contrari.[4] Questo verso è il leitmotiv dei derelitti. Per loro non esistono giorno e notte: il tempo non scorre come in chi è libero. E’ stravolto dalla malattia.”Ci desta l’urlo del compagno / ci dice l’agonia di qualcun altro / e la sberla del custode ricichiama / a un’altra mano / dal tepore che l’anima conserva.” Felicissimo verso. Come non sentirsi stringersi lo stomaco dal ricordo remoto, ma vivo di un calore chissà quando ricevuto. Ed ecco il Nannetti, Oreste Ferdinando, 4 sezione del giudiziario. Con la scoperta di graffiare il muro per esternare le sue follie, trova la calma. E troviamo i momenti di lieve lucidità intervallati all’effettiva schizofrenia:
Particolarmente avvincente l’immagine naif della struttura chiusa contornata da stelle, fiori e chissà che altro, interpretate dalla poeta come un accorato appello al vento di portarlo con sé’fuori dal recinto’ dalla camicia che mi forza…. sono stanco di finire nelle grida del mio strazio… nel rumore del silenzio.
Finchè la mente deborda. E anziché identificarsi con il colonnello astrale, “il Nannetti, attraverso il dono di una conchiglia vede capovolta l’astronave.”…sento…l’acqua salsa che non ho mai assaggiato
Infine considero fondamentale invitare i lettori a soffermarsi alle pagg. 34-35;e in particolare al grafito di pag. 48 dove il Nannetti invoca MESE-RICORDIA- grido ribadito dal coro dei matti che nonostante la follia hanno abbracciato come proprio quell’urlo scritto in stampatello maiscolo. Dall’inconscio disorganizzato resta prepotente il bisogno di accoglienza, nonostante la malattia considerata nella società estremamente emarginante. Il testo gronda d’ umanità, calore, interpretazione felice del pensiero disturbato. Un’opera così importante non poteva che essere riconosciuta vincitrice di concorso ed ottenere pubblicazione gratuita..
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