Donne in Poesia 2013
La scelta: Sara Comuzzo
Antonella Zagaroli
Ho letto tutte le
raccolte arrivate al premio “Donne in Poesia” in modo del tutto anonimo, questo è
stato l’accordo preso con i dirigenti del premio nel momento in cui ho assunto
la Presidenza alla fine dello scorso anno.
Come poetessa pur se
conosciuta e pubblicata sono sempre stata fuori dai sistemi più o meno
edificanti architettati (non da ora, è una plurisecolare pratica italiana
attualmente estremamente ramificata a ogni livello) per farsi conoscere e
ottenere fama spesso immeritata.
Per continuare in questo
comportamento ho preferito la stima di me collegata alla serietà,
all’autorevolezza di un’autentica opera che aspiri a definirsi d’arte.
Ecco perché ho messo in
primo piano la poesia e per me e per gli altri, in tutte le occasioni che ne ho
avuto l’opportunità.
Certo è stato complicato
e in vita e in letteratura muoversi secondo quest’ottica soprattutto in questi
ultimi trent’anni, mi auguro che sarà diverso, più facile per Sara Comuzzo la
vincitrice del premio di quest’anno.
Scegliere la raccolta di
Sara Comuzzo in fondo non è stata molto complicato per me. La sua scrittura si è
subito stagliata nitidamente fra tutte le altre.
Alla prima lettura l’ho
segnata fra le preferite con diversi segni più. Ho segnato altri segni più ma
mai più di uno. Alla seconda e terza rilettura cercavo un’altra che potesse
partecipare con lei al premio. Ripeto che per me erano tutte anonime, io leggevo
soltanto raccolte di poesia. Non ho trovato altre contendenti e forse è proprio
così quando non si cerca di accontentare qualcuno di più ma si legge soltanto
poesia e ci si lascia trasportare dal proprio intuito artistico, può capitare
allora di trovare uno e, a volte, chissà anche nessuno, e credo sia questo lo
spirito voluto da chi ha creato questo premio il poeta italiano (da
cinquant’anni a New York) Alfredo De Palchi .
La scrittura della
vincitrice del premio 2013 di “Donna in Poesia” ha alcune caratteristiche
rilevanti: non soltanto è ricca di metafore ardite ed efficaci “Sterzando in
un angolo di morfina”, “E le cellule sono minuti battuti che
scadono”, “Istinti di ossigeno (…) / discariche condivise ”,
gioca sul frammento ricostruendolo. Molti versi cioè sono lunghi e l’autrice
interviene spezzandoli col punto (sarà un caso che le cesoie sono citate due
volte all’interno della raccolta?) e ci sono versi brevissimi che utilizza per
allungare la totalità, l’immensità che sembra essersi dispersa “Così
morbidi / da riuscire / ad inglobare le mani / a tenerle del tutto.” E’ questa la
tecnica utilizzata da Sara Comuzzo per raccontarci la deframmentazione della
realtà.
Riguardo alla musicalità
è più lasciata all’armonia del narrato. La poetessa, infatti, quantomeno in
questa raccolta si pone nel filone della poesia narrativa e io credo che ella
abbia voluto sottolineare tale modus narrandi in poesia affinché le
consentisse maggiormente di far vibrare le corde di una realtà percepita
ingannevole, fuggitiva, dissociata oltreché multipla.
Ecco allora la
caratteristica che, insieme alla capacità metaforica, ha attirato positivamente
la mia attenzione: l’estrema naturalezza di utilizzare il tu, il noi, (quasi mai
l’io) e la terza persona. La sua poesia ha un occhio interno al sociale mai
raccontato sdilinquendosi o freddamente. C’è una calorosa umana partecipazione a
ciò che accade intorno a sé.
Ecco allora il titolo
della raccolta L’Ospedale in mezzo ai lupi. E’ un titolo forte ed
estremamente immaginativo per chiunque. La poetessa ci partecipa la sua visione
di una realtà di tutti “malati” in una società piena di “lupi” perché
come scrive “è tutto e solo e sempre questione di soldi e carcasse e bugie.”
C’è anche la poetessa in
disparte che osserva due sposi e li immagina nel presente e nel futuro o che
s’immedesima nel terrore di una donna violentata da troppo tempo dal marito
alcolista: “la sua armatura ha fatto il callo ai proiettili / Serra le
mascelle mentre percepisce le percosse arrivare.” Qui trovo che la capacità
d’introspezione, di sensibilità e cultura sull’argomento di una donna che ho
scoperto ora avere 25 anni è veramente rara se paragonata a migliaia di
improvvisati poeti.
Altro esempio di
intercomunicazione con l’altro da sé, tanto più se disagiato, è la poesia
Condivisione gestuale. Qui il rapporto è con una donna sordomuta. In questa
poesia a me piace cogliere un aspetto pudico della poetessa, il disvelamento del
suo amore per la scrittura prendendo a prestito il gesto silenzioso della
sordomuta, scrive: “E forse l’espressione via orale è sopravvalutata”.
Sara Comuzzo in questa
raccolta parla poco dell’amore io-tu e quando lo fa lo fa quasi con distacco
doloroso, “e ti ho pensato mentre fotografavo la polvere.”, “Non c’è
niente di peggiore / all’amore / tiepido.”
Tutto è più rivolto
all’amore io-noi-voi. Ecco perché all’inizio di questa mia presentazione l’ho
definita poesia volta al sociale, in realtà dovrei definirla poesia con un forte
senso della comunità proprio perché questo senso si è lentamente negli anni
frammentato, disgregato in unità che sono diventate orde di lupi per richiamare
la metafora della nostra poetessa.
Il dubbio secondo me la
chiave esistenziale propria di ogni poeta autentico, cosa che Sara Comuzzo è (se
negli anni non si disperderà nella brama di visibilità e immediatezza), si
manifesta in particolare sia nella poesia Scegliere? che parte da una
visione apocalittica della realtà, “istinti di ossigeno si
perdono / all’interno di discariche condivise ”, per cercare nelle domande una
risposta o comunque una possibilità di scelta “Almeno per ora”; sia nella
poesia Domande sotto i portici. In quest’ultima dopo un elenco di altre
domande e dubbi la poetessa confessa la sua umana confusione.
Ecco forse un pregio
finale da sottolineare per la vincitrice del premio “Donne in Poesia 2013” è
senz’altro la limpidezza nel dichiararsi.
Brava Sara!
Febbraio 2013
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