In alcune grandi civiltà del passato il comportamento
degli uccelli, soprattutto per ciò che concerne il volo, era interpretato come
presagio degli avvenimenti futuri. Nel consesso sociale moderno ciò non accade
più. E nondimeno i poeti, depositari spesso di quel concetto alto dell'oltre che
al volo si affida, vi ricorrono tuttora per significare pensieri di valore
trascendente. In questo contesto ben si colloca il libro di Franco Orlandini
Poeti e uccelli, una carrellata di poesie di grandi autori che si sono
occupati del mondo avicolo.
C'è
nel volume di Orlandini una sua premessa che evidenzia come l'urbanizzazione
selvaggia e il conseguente diradamento delle aree verdi disponibili abbiano oggi
enormemente ristretto l'habitat naturale degli uccelli e non solo. Con tristezza
e rimpianto l'autore ricorda i tempi della giovinezza quando era ancora
possibile gioire del canto degli usignoli nei recessi boschivi o del "paupulare"
del pavone dalla coda ocellata durante il corteggiamento d'amore.
La vetrina della poesia mirata all'universo degli
uccelli ha inizio con i versi di Corrado Govoni dedicata a un picchio rosso che,
ferito a un'ala, sembra conservare come ultima immagine di vita il tipico
ticchettio sull'albero vecchio per stanare le grosse larve addormentate di cui
si ciba. Il "volo" leopardiano nell'Elogio degli uccelli è il più lirico
delle Operette morali: ne riceve – afferma il poeta – diletto e conforto
dal canto che "l'uccello fa quando egli si sente star bene e piacevolmente".
Gli autori dei quali Orlandini annota poesie dedicate ai
volatili sono una sessantina almeno. Di questi ne citeremo solo alcuni, tra i
più vicini a noi per affinità e predilezione culturale. Sikelianòs, per esempio,
il poeta neoellenico che degli uccelli celebra le peculiarità nel trittico del
Lyricòs vios. E il Salvatore Quasimodo di Rifugio d'uccelli notturni,
che nel buio sembra rievocare un frullar d'ali emblema di sentimenti nascosti
che invitano a meditare su se stesso e sul mistero. Ma anche Mario Luzi che
nella raccolta Onore del vero evoca in una sua poesia i migratori. E
Umberto Saba quando nella lirica dedicata alla moglie la paragona alla rondine
della quale ha "le movenze leggere". Vogliamo chiudere con Pablo Neruda,
vigoroso appassionato autore del Canto general (scritto durante l'esilio
europeo), in quello splendido passaggio nel quale esalta la livrea rosso fuoco
degli uccelli "dalla prima aurora" simili a "scintille originali del baleno". Ma
anche i vivaci pappagalli: "lingotti d'oro verde". E il tucano che pare "uno
splendido cesto di frutta verniciata".
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