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Spettri, visioni e altre
manifestazioni infernali in un testo del fondatore dell’Ambrosiana.
Dylan Dog va
a lezione dal cardinal Federico
Chi l’avrebbe mai detto: anche il
vampiro Lestat mastica un po’ di teologia. Lo scopriamo leggendo Il ladro di
corpi di Anne Rice (Longanesi & C., pagine 480, lire 32.000), nel quale
l’autrice più gothic-chic dei nostri anni costringe il suo tenebroso
antieroe a destreggiarsi tra disquisizioni sulla natura dell’anima, dispute
esegetiche sul Genesi e, più che altro, ardue ricognizioni nelle fonti
dottrinali del Faust di Goethe. Una conferma, se mai ce ne fosse bisogno,
del legame strettissimo che corre tra molta letteratura “di genere” e gli
insegnamenti tradizionali della teologica cattolica, che non di rado capita di
ritrovare – sia pure stravolti – nelle pagine di autori come la stessa Rice, una
scrittrice che anche nella vita privata non disdegna pose da gran sacerdotessa
di culti esoterici.
Non stupisce, quindi, che le
illustrazioni della prima edizione italiana delle Manifestazioni demoniache
del cardinale Federico Borromeo (Terziaria, pagine 140, lire 22.000) siano state
affidate a Stefano Martino, uno dei disegnatori che solitamente fissano sulla
carta le avventure dell’«indagatore dell’incubo» Dylan Dog. Ma la circostanza
non deve trarre in inganno: tradotti e annotati da Francesco di Ciaccia (uno
studioso che ha già dato importanti contributi di argomento secentesco), i
Parallela cosmographica de sede et apparitionibus daemonum sono un‘opera che
non concede nulla al gusto del macabro e ha anzi tra suoi obiettivi – come
giustamente sottolinea nella sua introduzione monsignor Franco Buzzi – il
superamento di ogni credenza superstiziosa, a tutto beneficio di
un’interpretazione il più possibile «razionale» dei fenomeni presi in esame.
Non ci si poteva aspettare niente di
diverso da un cardinale umanista come Federico, fondatore della Biblioteca
Ambrosiana, ma anche pastore equilibrato e attento (sono, vale la pena di
ricordarlo, gli stessi elementi che Manzoni mette in risalto nel celebre
ritratto del Borromeo incastonato nei Promessi Sposi). Certo, anche il
cardinale fu uomo del suo tempo, come dimostrano i pur rari processi per
stregoneria celebrati nella diocesi ambrosiana durante il suo episcopato e come
testimoniano anche numerose annotazioni delle Manifestazioni demoniache.
Il cardinal Federico, per
esempio, non è disposto a credere che «gli spettri e le visioni che si
presentano intorno alle miniere di metallo» possano essere spiegati facendo
ricorso a «elementi e cause naturali», ma d’altro canto esamina con estrema
prudenza leggende come quella del «Purgatorio di San Patrizio», la località
irlandese dove – secondo la tradizione popolare – si troverebbe uno degli
ingressi per accedere al mondo ultraterreno. In particolare, il Borromeo
respinge dicerie e profezie sull’avvento dell’Anticristo, dimostrando di
considerare ormai superata quella prospettiva apocalittica che, dopo essersi più
volte affacciata nel corso del Medioevo, era di nuovo tornata con prepotenza
sulla scena all’epoca della Riforma luterana.
Sarà
anche vero (come annota in conclusione la storica dell’arte Gabriella Cattaneo)
che le Manifestazioni demoniache sono un testo di «carattere
eurocentrico», privo cioè di qualsiasi cautela antropologica nella valutazione
di notizie provenienti da contesti culturali diversi. Ma si tratta, ancora una
volta, di un elemento che appartiene a tutta la stagione di cui il cardinale
Federico fu protagonista e interprete. Ancora un paio di secoli (l’opera andò in
stampa per la prima volta nel 1624) e le rigorose argomentazioni da lui addotte
avrebbero finito per alimentare la grande officina del romanzo gotico. Non senza
essere passate attraverso l’insospettabile laboratorio del dottor Faust, lo
stesso personaggio che, nel Ladro di corpi, attira l’attenzione
dell’inquietante Lestat. | |
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Recensione |
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