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Quasi a segnare una continuità di temi e di ispirazione, il primo personaggio
che Giancarlo Micheli fa entrare sulla scena del nuovo romanzo Indie
occidentali è il maestro Giacomo Puccini, e cioè la figura attorno alla
quale ruotavano le vicende del precedente Elegia provinciale (edito nel
2007 da Mauro Baroni). Appena sbarcato a New York per la “prima” americana della
Fanciulla del West, il grande compositore si imbatte in Aurelio ed
Erminia, una giovane coppia di sposi che dalla Toscana è venuta a cercare
fortuna nel Nuovo Mondo. Un incontro fugace, che però sembra dare il tono
all’intera narrazione, nella quale ritroviamo lo stile sontuoso, ricercato fino
alla concettosità, del viareggino Micheli, classe 1967, poeta e autore teatrale,
oltre che narratore di forte caratura etica.
Il profondo sentimento morale
riconoscibile in ogni pagina è il motivo per cui, nella prefazione a Indie
occidentali, il decano Manlio Cancogni può spingersi a istituire un
parallelismo tra la struggle for life, la lotta per la sopravvivenza
intrapresa sulla fine dell’Ottocento dagli immigrati europei negli Stati Uniti e
l’attuale crisi finanziaria globale che – di nuovo – ha avuto negli Usa il suo
epicentro. Anche se predilige il racconto d’epoca, sorretto da una minuziosa
ricostruzione di situazioni storiche e usi linguistici, Micheli non perde mai di
vista l’umanità e, di conseguenza, l’attualità dei suoi protagonisti.
Proprietari di un piccolo bar nel Lower East Side di Manhattan, costretti a
trasferirsi a Chicago e nel New Jersey dopo che il locale è stato incendiato dal
racket, Aurelio ed Erminia si sforzano di rimanere fedeli l’uno all’altra pur
intraprendendo percorsi differenti: la donna si converte alla Chiesa scientista,
dal cui umanitarismo sentimentale si sente consolata, mentre l’uomo scopre la
causa del socialismo egualitario. Sono gli anni delle prime, drammatiche
rivendicazioni sindacali, sul cui sfondo il romanzo procede spedito, riservando
uno spazio sempre maggiore alla figlia della coppia, la piccola Eugenia, alla
quale spetterà di annodare gli ultimi nodi della trama. Un epilogo inatteso e
struggente, nel quale la metafora del teatro, già evocata nell’ouverture
pucciniana, si rivelerà in tutta la sua urgenza di struttura e significato.
Indie occidentali è un romanzo colto e a tratti risentito (il titolo, per
esempio, riprende la definizione rinascimentale del continente americano), che
il lettore è invitato a percorrere con pazienza, per scoprire non soltanto i
segreti nascosti nelle esistenze di Aurelio ed Erminia, ma anche certi rapidi
bozzetti d’ambiente. Come quello, davvero suggestivo, del pittore senza talento
che riempie di forme sghembe e colori sgargianti i cartoni recuperati per le
strade d’America.
23 luglio 2009
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Recensione |
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