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Poche volte, i giovani autori
riescono a farsi leggere con attenzione e interesse. Succede, in questo caso, a
Danilo Mandolini, i cui temi poetici si enucleano con rapide immagini dai nessi
non sempre prevedibili ed un lessico preciso, autoctono. Non si avvertono
influenze evidenti di "maestri"; una padronanza, piuttosto, nel dettato, che ha
contenuti sobri e incisivi ("E basta una sola alba | per riportare in fondo
alla vita | l'ombra del sole | nel suo stesso riverbero -"). Mandolini non ha,
comunque, parole altisonanti, né presuppone proclami o "messaggi": un esistere,
quasi, in filigrana, è il ritmo che ne accompagna il percorso, portandolo a
convincenti risultati estetici cui non fa difetto il tentativo di esprimere un
fatto che si dispiega oltre la semplice sensazione ("una specie di diario
rivoltato in storia più generale ", è annotato nel frontespizio). E' più
che lecito sperare prove ancora più convincenti e sostanziose, dove l'esistenza
non rimanga solo un atto "personale" e/o privato, ma si agganci alle dinamiche
sociali che la sottendono e la determinano. Ecco un esempio che legittima questa
speranza: "Le domande | sono dietro le nuvole | mute come un luogo nuovo da
scoprire | e ci sono barriere ai sensi, certo | ci sono nuove foglie | posate sopra il
viso, | mani | tese nelle mani ".
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Recensione |
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