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Tale libro appena stampato non
è una classica bio-bibliografia dello scrittore Carmine Manzi, fondatore nel
lontano anno luce per modus pensandi et agendi 1940 di “Fiorisce un Cenacolo”,
rivista longeva come il suo mentore, Manzi per l’appunto, che ha diretto anche
dal fronte nella seconda guerra mondiale. Poi dal natio e storico “Eremo
Italico” (risalente al 1773) – da considerare bene il significato di “eremo” e
l’aggettivazione “italico” che non spiegheremo ma lo farà il lettore anche con
l’aiuto della prefazione stilata da F. Salerno – Carmine Manzi, poliedrico
autore antiirrazionalista, (con propensione all’indagine psicologica e
scrutatrice di quel “guazzabuglio del cuore umano” già presente in A. Manzoni,
forse il suo autore preferito) con oltre 130 opere al suo attivo tradotte in una
notevole gamma di lingue straniere, pensa di fondare nel 1949 l’Accademia di
Paestum per lo sviluppo dello scibile umano quale esso sia. ln limine,
ricordiamo che in “Fiorisce un Cenacolo” sono maturate e/o hanno scritto e
scrivono firme prestigiose. Interessante il titolo di ‘Fiorisce’: dà l’idea
dell’essere umano e delle sue capacità sempre in fieri e di ‘Cenacolo’, un
simposio tipo Platone, degli umanisti e via dicendo.
Oltre l’introduzione e la
prefazione di F. Salerno, Gabriella Frenna, figlia del noto mosaicista
siciliano, passa in rassegna all’opera di Manzi ove la struttura del libro
medesimo: poesie, prosa, le varie monografie sull’autore (interessanti
soprattutto quelle di Antonietta di Bari-Bruno, di Maria Epifani-Furno nonché
quella di Leonardo Selvaggi e in genere tutte le altre che non possiamo
riportare che alcuni nomi quali N. Orza Corrado, Pumpo o Defelice). Poi si
prosegue con “Critiche”, la sterminata bibliografia dell’autore e le consuete
note di Manzi e della Frenna. Qui veniamo a sapere che Manzi sta per ‘filiare’
un altro libro poetico. Ho detto appositamente ‘filiare’ perché i libri sono
come figli e lo sa solo chi scrive con passione.
Un Ad Majora sentito, quindi,
fermo restando che l’opera della Frenna resterà un prezioso ausilio storico per
intraprendere lo studio di Manzi, interessante e limpido autore che si sta
avvicinando sempre più alla sfera del divino ma ci dice, a noi pare, che la vita
in quanto dono, va e deve esser vissuta ed agita. L’ultima parola al lettore che
resta, in sintesi, il giudice anche se i tempi con le loro mode fan sì che
autori vengano riscoperti a danno di altri e viceversa (omnia mutantur, nihil
intent).
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Recensione |
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