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A cinquant'anni dalla prematura scomparsa
Silvio D'Arzo: ignoto del ventesimo secolo
La sbandata esterofila che i ragazzi italiani hanno preso a cominciare dagli
anni Cinquanta per colpa degli editori (è più sicuro ristampare successi
stranieri comprovati che ricercare talenti in patria) ha causato una generale
ignoranza sui nostri autori, che persiste tuttoggi. Tra coloro ai quali questa
politica culturale dopoguerra ha portato più sfortuna c’è indubbiamente Silvio
D’Arzo, nome di penna di Ezio Comparoni: la figura più pura di intellettuale che
abbia avuto l’Italia del nostro tempo.
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Raffaele Comparoni,
in arte Silvio D'Arzo |
Silvio D'Arzo con un gruppo di allievi del
liceo di Reggio Emilia, 1940 |
Bompiani (Emilio Cecchi che lo elogia ma non lo avalla) e Einaudi (Cesare
Pavese) rifiutano la pubblicazione di Casa d’altri, bocciata in seguito
anche da Vallecchi: “un racconto perfetto” a detta post mortem di Eugenio
Montale sulle pagine del “Corriere della Sera”. Silvio D’Arzo era malato, doveva
fare presto, ma morirà senza vederlo pubblicato, nel 1952. Trentadue anni sono
troppo pochi per uno scrittore, sono troppo pochi per chi ha a che fare con gli
editori. Si sa, gli scrittori rendono più da morti. Sulla produzione di Silvio
D’Arzo si sono buttati quindi gli editori con il loro seguito di critici, di
prefatori, di recensori, e quella che prima era “…un’esile novella, di gracile
respiro, di vitalità molto tenue… Abbiamo qualcosa a ridire sullo stile, che
spesso è un po’ troppo a puntino, manzonianamente” (Pavese), e nella quale
“…alla tenuità dell’estensione mi sembra anche corrispondere, e non senza
motivo, una deficienza di architettura generale, una assenza di richiami a
motivi di una validità abbastanza larga e riconosciuta” (Enrico Vallecchi) ora
viene riconosciuta tra i più bei racconti di tutta la letteratura del Novecento.
Sembra che non siamo capaci di giudicare gli scrittori da vivi. E che la loro
morte infonda nei critici una specie di illuminazione o forse di benevolenza,
come a dire che loro avevano fatto il possibile e adesso però, visto che non si
può pretendere di più da quell’anima, elogiamola per la legge del profitto.
Tant’è che il racconto esce in versioni diverse a seconda di chi lo stampava,
mancando quella definitiva con il benestare dell’autore: in “Botteghe oscure”
(Quaderno X, Mondadori, Roma 1952); da Sansoni (Firenze 1953); in Racconti
italiani (a cura di G. Carocci, Lerici, Milano 1958); nella provvisoria opera
omnia Nostro lunedì. Racconti, poesie, saggi (Vallecchi, Firenze 1960).
Poi in Casa d’altri e altri racconti (Einaudi, Torino 1980 - la raccolta
include anche “Elegia alla signora Nodier”, “Due vecchi” e “Un minuto così”) e
in una nuova edizione nel 1999 che oltre ai racconti inseriti nella prima
include anche “Alla giornata”, “Una fasciatura ben fatta”, “L’aria della sera”;
in Racconti italiani del Novecento (a cura di Enzo Siciliano, Mondadori,
Milano 1983); in L’aria della sera e altri racconti (a cura di Silvio
Perrella, Bompiani, Milano 1995).
Il titolo Casa d’altri è scaturito dall’osservazione che riporta
Silvio D’Arzo nella “Prefazione” a quel romanzo che lo scrittore aveva in
progetto del quale altre parti si ritrovano sparse negli scritti che lui ha
lasciato, “Nostro lunedì di Ignoto del XX secolo”: “il mondo non è casa tua”. La
“Prefazione”, di cui rappresenta l’inizio, è tra le pagine di prosa più alte
della nostra letteratura moderna, per quel sapore inebriante di amarezza che
D’Arzo sa versare nella sua chiara visione di sé e del mondo.
Nota biografica
Ezio Comparoni nasce a Reggio Emilia il 6 febbraio 1920 da Rosalinda
Comparoni, originaria della montagna reggiana, e da padre rimasto ignoto per
l’anagrafe. Maschere, il volumetto che in un centinaio di pagine raccoglie
sette racconti, segna il precoce esordio letterario di Comparoni, edito nel
1935 a soli 15 anni. Il ricorso allo pseudonimo (qui solo parziale: Raffaele
C.) è confermato in tutta la produzione successiva, e con invenzioni diverse
(Andrea Colli, Sandro Nedi o Nadi, ecc.), tra le quali finì per affermarsi
“Silvio D’Arzo”. Grazie alla sua viva intelligenza Ezio Comparoni poté
superare l’esame di maturità classica a soli sedici anni: lo preparò
privatamente Giuseppe Zonta, maestro di più d’una generazione di reggiani e
autore di notevoli opere di critica letteraria, come L’anima dell’Ottocento
e la Storia della Letteratura Italiana. Anche l’esperienza poetica di
Ezio Comparoni fu precocissima.
Nel 1935 esce il volume di versi Luci e penombre, dove l’autore usa
lo stesso pseudonimo di Maschere. Di questa rarissima edizione, finora solo
citata e mai individuata, è stato rintracciato un unico esemplare presso la
Biblioteca comunale di Faenza. All’Università di Bologna, dove incontrò
maestri come Calcaterra, Funaioli e Longhi, Ezio Comparoni si laureava in
Lettere ventunenne, discutendo una tesi di glottologia, guidata dall’illustre
Bottiglioni. Il Buon Corsiero, già elaborato come Ragazzo in città
nel 1939 (in quell’anno Garzanti ne rifiutava la pubblicazione), il romanzo fu
respinto dagli editori anche nel 1942 insieme a L’Osteria dei ricordi e
L’uomo che camminava per le strade. Tipico racconto “d’apprendistato”,
secondo alcuni, Essi pensano ad altro esprime un esacerbato e poeticamente
ostinato senso di “diversità e provvisorietà. All’insegna del Buon Corsiero
viene pubblicato dalla Vallecchi nel 1942 e narra, con divertita ironia,
dell’intrusione di un fantastico diavolo-funambolo fra gli ospiti e i
servitori di una settecentesca locanda. Ascritto per lo più dalla critica
all’ambito del realismo magico, piacque per la sua levità e sottile malizia.
Ad esso è legata la fama dello pseudonimo Silvio D’Arzo. Contemporaneamente
avviava un’intensa collaborazione con importanti riviste letterarie,
attraverso interventi con i quali passava in rassegna i personaggi di alcuni
testi classici (Polonio dell’Amleto di Shakespeare) soprattutto inglesi. Nel
1940 cominciava ad insegnare e a scrivere racconti per ragazzi (Una storia
così, Nostro lunedì) e saggi critici. Nel 1947 insegna nelle scuole superiori
di Reggio Emilia e prende corpo il romanzo Casa d’altri. Già alla fine
del 1951 s’ammala e nei primi mesi del 1952 muore all’età di 32 anni. Presso
la Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia si è chiusa nel mese di giugno 2004 una
significativa mostra che ha riportato all’attenzione un autore immeritatamente
dimenticato. Visitate la mostra virtuale al seguente indirizzo
http://panizzi.comune.re.it
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Ada Gorini
a cui Silvio D'Arzo era sentimentalmente legato. |
Silvio D'Arzo con un amico nel 1946 |
Le informazioni su cui si basa questo articolo sono tratte da Casa d’altri
e altri racconti, Einaudi, Torino 1999, a cura di Eraldo Affinati e sulla
biografia presente nel sito internet
http://panizzi.comune.re.it da cui sono tratte le immagini presenti in
questo articolo.
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