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Versi arcani e suggestivi,
nella raccolta Le porte della notte, di Cees Nooteboom, offrono rapide
sequenze di immagini e concetti. Con accenni di grande vigore, tentano di
scavare nel senso dell’arte e dell’esistenza e, in diversi testi, sfuggono alla
codificazione di poesia lirica per avvicinarsi o sconfinare nella prosa, senza
mai discostarsi da un modo originale e personale di usare la parola.
Le parole, scaturite
dall’osservazione della realtà e dalle meditazioni sulla vita, danno origine a
frasi concise, delimitate da una punteggiatura puntigliosa, che esige attimi di
pausa, per poter cogliere appieno la densità della poesia di Nooteboom.
L’inafferrabilità del senso
della vita (sentita come enigma) tormenta il poeta, che spesso si chiede se la
realtà percepita dai sensi sia finta o concreta. L’incertezza lo porta a
considerare la possibilità che i nomi stessi usati per denominare le cose siano
vuoti, senza significato. Non esisterebbe, quindi, nessun legame di identità tra
significante e significato, nessuna convenzione risulterebbe adatta per definire
gli oggetti, dato che, la loro stessa esistenza è messa in dubbio. I molti “se”,
dell’autore, propongono probabili varianti di realtà, che avrebbero potuto
essere solo se coincidenze diverse si fossero verificate, invece, la vita
“sempre è stata quel che è” e l’uomo è “come dio di un fuggevole universo” (p.
21).
L’unico artefice di forme e
cose è il tempo, plasma e sbriciola tutto, nelle innumerevoli, infinite
riproduzioni di se stesso. L’uomo, invece, è un essere succube della morte
“infinita” e al suo cospetto è “polvere di silenzio nel suo silenzio di pietra”.
È visione inquietante la vita,
che sembra trovare un’ancora di speranza nell’arte. Ed ecco, irrompere nei versi
della raccolta figure di pittori e loro opere, di poeti con caratteristiche
proprie. L’arte con la sua forza espressiva riesce a rimanere sospesa in
un’atmosfera atempore, a “ghermire l’essenza delle cose”, ad essere immutabile,
fissando ritratti di momenti, riproducendoli su tele, o incisioni, e tramite
parole. Essa è il ponte che unisce l’uomo del passato con quello del futuro,
lasciando in eredità “nomi” e fuoco creativo, per dar vita almeno al dubbio di
un possibile, fugace pensiero di immortalità. Questo pensiero, o l’atto stesso
del suo concepimento da parte di un essere mortale, è arroganza, “la stessa
arroganza”che è presente nella parete di roccia nei confronti del tempo
infinito.
L’aspirazione alla continuità
esistenziale, che può essere acquisita attraverso l’arte, può essere ravvisata,
anche, nell’immagine della farfalla, ricorrente tra altre; essa nel linguaggio
simbolico rappresenta levità, purezza d’animo e soprattutto rinascita.
In diverse poesie, è
interessante notare un susseguirsi di nomi di oggetti o elementi naturali, quasi
Nooteboom volesse sottolineare la loro presenza in un determinato momento e in
un particolare luogo, per rassicurare se stesso di essere, a sua volta, presente
e vivo tra loro, di non essere parte di un sogno chiamato realtà o un’ombra
dispersa al di là delle “porte della notte”.
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Recensione |
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