“Incontri - 4 tempi in 4 stagioni” è una raccolta (quasi un poemetto)
che abbina la costante riflessione sulla mutevolezza del divenire alla
evocazione – come osserva Carmelo Mezzasalma nella Nota introduttiva – di un
“mondo ideale verso cui tendono le mani del desiderio e dell’anima”. Gli
“incontri” di Anna Maria Guidi avvengono, pertanto, nella “dimensione di
una felicità illuminata che è l’ingresso della stessa dimensione poetica”
(S. Heaney).
Per ciascuno dei quattro tempi l’autrice ricama
l’immagine-simbolo che mira a cogliere il “sentire originario” (Giorgio
Luti) dell’esistenza. Così, in Primavera “È inizio | ogni istante della
vita: | dell’istante successivo”. In Estate “Il tempo della maturità | è
adorno di ex voto | di certezze”. In Autunno, invece, “Da soli | si perde il
tempo | che non riscattammo | insieme”, mentre è solo in Inverno – ahimé
– che scopriamo finalmente il significato autentico delle umane illusioni:
“Non esiste il presente: | inizia già scaduto”.
Bisogna riconoscere, altresì,
in questa poetessa – e in ciò concordiamo ancora con Mezzasalma – la reale
consistenza di quel raro “suono della parola” difficile da isolare, ma che,
nell’esercizio vivo della poesia, si fa sentire come una nota umana e come un
timbro misterioso allo stesso tempo”. Verrebbe da pensare a Chomsky e alla sua
“grammatica universale” – conosciuta anche come “teoria biologica del
linguaggio” – secondo cui la conoscenza del linguaggio è indipendente da
altri aspetti della mente. Leggiamo alcuni versi da Clonazioni: “Opaca |
cloneremo un giorno | anche la certezza dello smarrimento: | l’unica | che ci
vende la paura | costringendoci a stelle | senza nascita.”
La verità è che
“proprio ciò che non si può dire è all’origine della scrittura
poetica”, ci ricorda Mezzasalma citando Maria Zambrano. Perciò, affinché i
nostri incontri – fuori e dentro di noi, “per tutto il nostro tempo dato”
– possano davvero consentirci di raggiungere la “conoscenza dell’altro”,
occorre imparare prima ad ascoltare la parola interiore che nasce dal
“silenzio dell’amor proprio” e dal “silenzio del facile pensiero o del
pregiudizio”, secondo l’insegnamento di Louis Lavelle.
Intensa – per lo più
sommessa, altre volte ironica – la voce di Anna Maria Guidi insegue, in realtà,
“impercettibilmente in riposti sospiri | con vigilanza assorta” l’umile
desiderio di spogliarsi di tutte le false promesse che nascono in momenti di
finta bonaccia.
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