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La citazione iniziale da A.
Machado “Fiat ombra! Sgorgò il pensare umano” sintetizza il valore e il
significato della ricerca compiuta dall’autrice, giacché – osserva Giuseppe
Panella nell’Introduzione – “la poesia è il luogo dove la soglia (del
pensiero ma anche dell’esistenza) viene varcata e dove l’ombra si illumina della
sua verità più intima”.
Il Poemetto si compone di un
Prologo, di un Epilogo e di XIV Stazioni, in cui il ricorrente tema della
“tenacia” assume forme ambivalenti e contrastate: da un lato l’esplorazione in
“fessure di tempo” di Anna Maria Guidi, la quale tenta di frugare nell’oscurità
attraverso gli “occhi del pensiero” nello sforzo di aprire le porte e accendere
così gli altari consumati e appassiti dall’“indifferente | costanza del tempo”.
Sul versante opposto si pone come una invalicabile barriera l’affascinante, e
perciò impenetrabile, “complotto delle Parche”, ovvero l’incapacità di sfuggire
al “breve raggio | della nostra ruota” che condanna gli uomini a soggiacere al
mistero delle tenebre, il cui archetipo diviene in tal modo “l’ubi consistam del
Tutto”, come scrive Franco Manescalchi nella Nota conclusiva.
In un tale altalenante gioco
di corrucciati lampi e di rovinose cadute, in queste accecanti traiettorie fatte
di folgorazioni inspiegabili e di repentini cedimenti, l’unica certezza che
guida e accompagna l’inizia<->tico viaggio dell’autrice è rappresentata dalla
voce sussurrata e sconfitta dei poeti – più che dal monito spietato della Poesia
in sé. Poiché “Non è la conoscenza che illumina il mistero, | è il mistero che
illumina la conoscenza”, ci ricorda P. Evdokimov nelle battute finali. Una
lezione, questa impartitaci da Anna Maria Guidi, eccezionalmente acuta e
armoniosa, per nulla bloccata da una presunta “volontà di totalizzazione
sapienziale”, secondo una certa riserva espressa da Panella.
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Recensione |
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