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Nell’incedere deciso al ritmo dello haijin metodico, profondo e appassionante, Vincenzo Campobasso, facendo seguito all’opera prima di tre anni fa, che lo vedeva neuf poète, si cimenta ancora nel presupposto della stessa metrica in veste nipponica. E vi apporta, da buon innovatore, un’ulteriore ventata d’originalità. Il timore dell’Autore di sembrare “antico” (cfr sua postfazione, p. 62) è senz’ altro fuori luogo.

Nella nuova silloge di haiku s’intravedono tutt’altro che vecchi scheletri ammuffiti. Il contenuto, dichiaratamente aforistico (nell’univoco significato di uno spigolare assiomi), è concettuale elaborazione della “mente”, come tale proiettata alle assolute teorie, inconfutabili. Ciò che è assoluto penetra nelle nozioni di una filosofia d’eccellenza, del mero concetto: metafilosofia. Tali nozioni non sono da considerarsi né vecchie né superate. Semmai permettono, all’Autore e al Lettore, d’arricchire l’insaziabile pozzo (di San Patrizio) dell’essere, nelle sue manifestazioni fenomeniche, sue innumerevoli sfaccettature identificative. Abbinando al quid concettuale la connotazione del ritmo consonantico ed allitterativo dei versi l’effetto è ancora contrario ad una patetica rimpatriata dialettico-poetica. Un’originale modus haijin, reso da un’estetica all’europea.

In “Aforisticamente haiku” l’espediente estetico consta di una manifestazione di versi haiku simile ad un’implosione-esplosione che, assorbendo di prim’acchito materia grigia, si viene poi espandendo affermando un soggettivo-oggettivo irrefutabile. Il concetto connota una diversificazione spesso totale rispetto al senso comune pur restando adesa al suo inconfutabile insieme. Ad esempio a p. 46, “Ai benvestiti | mai non abbaia il cane; | ai truci sempre”, si palesa l’inversione del detto vecchio quanto il cucco “l’abito non fa il monaco”.

La dislocazione, nelle pagine, dei 144 aforismi haiku, tre per pagina invariabilmente, con l’avanzamento del secondo haiku rispetto al primo ed al terzo, è congeniale alla struttura originariamente haiku. Un verso breve, di cinque sillabe; un verso lungo, di sette; ed il ritorno alla lunghezza del verso iniziale.

Recensione
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