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Silloge poetica suddivisa in tre titoli
tematici, ognuno di una decina di liriche: Il giorno d’Ognissanti, con nove
componimenti; Erbario d’autunno, di undici frammenti; e Frutto rosso aspro di
sapore, esattamente di dieci poesie.
Lidia Are Caverni, avvezza alle
pubblicazioni sia in prosa che in poesia, in quest’opera ha adottato come
espressione visiva di massima il componimento a strofa unica. A parte i summenzionati titoli, le trenta
poesie non sono ulteriormente titolate. Costituiscono, dunque, estensione ai
temi principali, conformandosi approssimativamente al poemetto.
I singoli componimenti non raggiungono mai
i venti versi. Anzi sembra che la regola della poetessa sia orientata verso la
decina, otto-dieci versi. La punteggiatura non esiste se non per
chiudere le liriche, col punto fermo. In via generale, la poesia di quest’autrice
è originale nell’impostazione, rispetto alle attuali tipologie. (Dev’essere
chiaro che non stiamo parlando di canoni bensì di tendenze, di talune tipiche
versioni poetiche.) Nella sostanza, non è la coerenza sintattica, non è la
basica analisi logica del testo, a marcare gli stacchi dei versi, delimitandoli
l’uno dall’altro. Ma è un’unitaria compatta idea di forma a dare carattere alla
struttura, per una consolidata finalità metrica. Ciò induce ad una lettura
compitata, attenta, tutt’altro che rapida, per non uscire dal senso compiuto del
periodo verbale. Strategia, questa, che consente di gustare i deliziosi passaggi
descrittivi dei quali il contenuto letterale si pregia di conchiudere in sé.
Tra copertina e testo sono incluse tre
pregevoli illustrazioni a pennino o a china dal doppio timbro metafisico
impressionista, opera di Lorenzo Caverni.
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Recensione |
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