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Nella silloge qui proposta si può di prim’acchito constatare originalità
soprattutto nella strutturazione dei componimenti. I versi sono sciolti,
assolutamente liberi. Vi è ricchezza di periodi incidentali, anche quando
potrebbero scorrere nella proposizione principale. Le interclusioni avvengono
quasi sempre nei trattini. Sono rare le parentesi.
Particolare davvero unico è
1’incorporazione del titolo nella poesia. Una fusione nel contesto dei singoli
componimenti. Un tutt’uno, quasi a non voler sprecare le parole. È poesia
economica? Di sicuro è una sorta di poesia acefala, mancante del primo verso.
Di fatto ogni titolo, invariabilmente, corrisponde ai verso d’apertura.
Il
contenuto ha connotazione filosofica. Al centro della vita incombe,
paradossalmente, la morte. La vita è un “labirinto”, il nucleo del quale
corrisponde alla fine terrena. Materia gravitante attorno a tale nucleo
necrologico (che la morte è preavvertita ad ogni pie’ sospinto) sono i sogni,
le aspirazioni, i desideri... mancati (cfr soprattutto pp. 20, 26 e 46). Il
futuro staziona in ogni momento un po’ più avanti del presente: è
irraggiungibile (p. 34). In una delle sue didascalie che anticipano il contesto
poetico 1’autore afferma: “Non oso pensare al futuro | il passato sta ancora
succedendo” (p. 33).
In Domandarsi (p. 28) il “fanciullino”, di pascoliana
memoria, assume senso spersonalizzante, autentica maschera, “alibi di vita”.
La certezza nella gioventù “è illusione | e vanità d’eterno” (p. 32).
La farfalla è frequente espressione di similitudine. Ma è un essere variegato
se non ambiguo, perché i colori che la identificano se sono “il bianco-il
nero-il giallo” (p. 30) vi è la conferma-smentita che il più autentico
colore “non è rosso non è nero” (p. 22). È normale che sia così: sono i
colori della vita che, come cartina al tornasole, variano nelle tetre tinte
della morte. Lo si osserva d’autunno, nei viali, tra le foglie
“rosse-bruno-ocra” (p. 40).
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Recensione |
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