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L’abitudine del cielo è da augurarsi che diventi, per l’Autrice in questione, abitudine di pubblicare, abitudine di farci leggere ottime poesie, come sembra sappia proporre.

Nella trentina di componimenti che Cristina Babino, grazie alla sua opera prima, ci offre, dando saggio di sapersi effettivamente esprimere in versi, nella limpidezza di circostanziate situazioni colte nel reale quotidiano, sa farsi più che apprezzare direi amare.

La sua è poesia che attira, sorta di calamita del pensiero che convoglia l’attenzione con versi di un’enfasi fortemente condizionante. È una sirena che con un irrefrenabile tam- tam, scampanellio che non può non essere udito, alimenta le parole. Parole forti. Spesso arricchite di sessualità. Ne conseguono versi forti. Corollari di momentanei, ed a volte apparenti, perdimenti. Sfoghi d’una quasi perversione esteticamente collocati nell’unisono di una poetica dell’esistenza e nel contempo oggettivamente, sinceramente sembrerebbe, aggrappata all’intelletto, concettuale. Perché di sbocchi tendenzialmente liberatori si tratta, a prescindere dal fatto che a trarne utilità sia la medesima Autrice. Una libertà di coscienza, di proponimenti, di analisi, vuole, intende, pretende di dominare l’essere – tant’è pressante la volontà. Identica libertà caratterizza lo stile, variegato, certamente non emulativo d’altri modelli. Ed i versi risaltano perché altrettanto liberi da ogni canonica costrizione.

Il meccanismo prevalente, che dà tono alla poesia, esprimendo elevata metafora, consiste nel confezionare maschere. La maschera che rende l’essere umano diverso quanto basta per accettarsi è lo strumento più usato, non abusato, da questa deliziosa neofita anconetana del verso.

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