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La settantina di componimenti poetici che propone l’autore, a priori coronati
dall’alloro del premio letterario Il Portone, XXIII edizione, tendono ad acute
considerazioni, penetranti appunto Oltre le nebbie del quotidiano. Il
titolo dell’opera di fatto dà l’idea d’essere spigolatrice di sensazioni e di
emozioni, d’intuizioni e di assiomatici rilievi sull’esistenza.
Il bagaglio ideologico dell’autore è senz’altro pessimistico. Tuttavia il
pessimismo funge da rampa di lancio del suo poetare. Le bellezze della vita,
intese come contingenza, vengono degustate proprio perché estrapolate dalla
tristizia, spesso sofferenza e talora disperato appello. Sofferenza che si
affaccia nei versi nelle sembianti interiori, piuttosto che fisiche. Non è
sonoro grido di dolore. Oppure, raramente lo è. La sofferenza dell’autore è
qualcosa di sottile, che ci attanaglia dentro, che ci rende consci delle
sconfitte subite o del nostro incompreso presente. La condizione di terrena
felicità è molto precaria. "Per ogni | assaporato granello | di felicità |
bisogna pagare | un pesante tributo". Una volta raggiunto uno stato di serenità,
di pace, o almeno d’una distensiva tranquillità "basta un nonnulla, | uno
scossone, | un piccolo sovvertimento | e tutto d’improvviso | crolla | e
svanisce" – Basta un nonnulla, p. 27. Autoaccusa a nome dell’uomo. Solo
noi siamo responsabili del nostro stesso soffrire. Il peccato più grave
"che l’uomo possa | commettere" è "di deludere i sogni!" – p. 35; cfr altresì
Unici responsabili, p. 39.
Nei confronti del Creatore v’è una posizione interlocutoria, che traspare
nella curiosità d’un interrogativo: Perché? – p. 53. Nell’implicita
risposta, avendo già premesso che sia l’uomo a fare male a se stesso, s’intuisce
il senso d’imperfezione della realizzazione del proprio ‘libero arbitrio’.
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Recensione |
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