Servizi
Contatti

Eventi


L’originalità di Alberto Rizzi è un mezzo d’informazione aduso ad una scrittura che per essere letta dev’essere reinterpretata e talora persino decriptata. Ma qui si va già oltre gli schemi della poesia.

Gli argomenti intimistici ed esistenziali di questo poeta se da un’utilitaristica prospettiva si arricchiscono di ipotesi, stranezze… diktat etico-civici, da altra prospettiva finiscono per corrodersi nella smentita. Ossimori dunque d’una dialettica di difficile collocazione.

Il Poeta sembra (dico sembra perché cerco d’intuirlo) parlare con Dio. Il suo è un ‘dio’ quasi minore, con l’iniziale minuscola. Non viene direttamente nominato. Il dialogo con la divinità è il medesimo abboccamento con un confidenziale interlocutore, un amico-nemico, al quale gli si dà del ‘tu’.

Strutturalmente questa poesia è certamente libera. In un frenetico alternarsi di versicoli marcati da palesi rientri i versi sono mediamente lunghissimi, fuori metrica.

I punti esclamativi ed interrogativi precedono il verso, non proprio alla spagnola, senza conferma a fine periodo.

Le univerbazioni, frequentissime, incorporano due o tre parole (“puttanaèva”, p. 43; “aldifronte”, p. 7), dando inevitabilmente vita ad antitesi quali “avantiindietro”, p. 34. La fusione degli aggettivi è spesso preceduta da un “quasi” che ne mitiga il senso (“quasipiano”, p. 40). Accadde che l’univerbazione sia solo fonetica: “fatt’antìc’assài”, p. 30.

Nel complesso v’è una ricerca da condividere, che sollecita un giusto interesse. Purtroppo ci sono i soliti arcaismi, ai quali l’Autore non riesce a sottrarsi, che richiamano addirittura medievali reminiscenze di lingua volgare. Un’involuzione, questa, ormai desueta, sterile.

Recensione
Literary © 1997-2024 - Issn 1971-9175 - Libraria Padovana Editrice - P.I. IT02493400283 - Privacy - Cookie - Gerenza