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Sono cinque racconti di
diversa argomentazione ma di analogo spessore linguistico che snocciolano uno
stile pulito, terso, efficace, chiarissimo e soprattutto godibile.
Per tre dei cinque racconti
(“L’astronave”, “Trash” e “Spitfire”), l’Autore ha adottato il profilo
proustiano dell’io narrante in prima persona. Mentre “L’omelia” e “Taormina”
sono stati immortalati dall’onniveggenza della terza persona. Ma, a prescindere
da tale accessorio della scrittura, l’effetto, simultaneo che consolida quello
finale, della lettura è di rara intensità: un risultato lodevole!
Quanto all’elemento che
arricchisce in via ulteriore il costrutto delle trame, nessuna esclusa, vi è la
preziosa presenza di una guida psichica dei personaggi principali interpreti
delle singole fiction. La forte escavazione intellettiva, attagliata ad emozioni
affettive o sensuali rivolte alle reciprocità umane o alle attrazioni della
natura con i suoi elementari stimoli che influenzano i substrati della nostra
coscienza, danno alla contestualità della raccolta una visione pressoché
veritiera delle vicende e specialmente delle (apparenti) esperienze narrate.
Cosicché al di là dell’invenzione dei temi traspare una realtà che pur non
essendo tale sembra esserlo davvero. Ciò aggiunge importanza all’intera
raccolta. È un quid che assurge a suggello, a timbro di garanzia sull’esito
delle storie che l’invenzione ha inverato, assumendole a vicende vere. Una
creatura, viva, procreata sulle righe del libro. E si badi bene che tutte e
cinque le trame sono assolutamente avvincenti, entusiasmanti. Io penso che sia
il risultato di una narrazione in medias res, da una parte; e, dall’altra,
dell’estrapolazione di pseudorealtà che, per quanto si lascino leggere come
probabili accessioni dell’essere, difficilmente si penserebbe d’attingerle a
quella fonte insospettabile dell’arte letteraria.
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Recensione |
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