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Maurizio Zanon non è nuovo
alla poesia. Fra l’altro, risulta al suo attivo, nelle stesse edizioni, la
silloge Credo di un poeta – libro dei mesi – 2004, senza escludere la sua
partecipazione alle varie Antologie ed ai Dizionari di Letteratura.
Ad apertura di libro, ecco la
sua dichiarazione di appartenenza al mondo culturale che preferisce e che
riconosce come suo, nella prima lirica portatrice del suo messaggio d’intenti:
“Quanto il canto del poeta sia felice | e giunga a destinazione | per
abbracciare la mente e il cuore | della gente non è dato sapere. | Ma il canto
del poeta rischiara la visione | del mondo, rendendo (forse) più vivibile | la
vita e rappacifica la ragione | ribelle al pensiero della morte” (Il canto
del poeta). Giustamente la prefatrice, Tina Piccolo, nella sua
presentazione, nell’invito alla lettura di questo libro, annota che, qui,
“Pagina dopo pagina, si susseguono le liriche e in ognuna c’è un messaggio da
cogliere, tra l’immaginario e la realtà, il vissuto e il sogno, la speranza e il
timore...” concludendo che, per l’autore, “La vita è in realtà un patto d’amore
che sancisce la storia stessa dell’umanità”. La voce sentimentale dello Zanon
svaria nelle diverse occasioni del quotidiano, con la semplicità di un costrutto
lessicale che emerge da una natura umana aperta alle curiosità del mondo, nella
partecipazione fraterna alle problematiche che ci affannano e, spesso,
travolgono senza rimedio coloro che cercano inesistenti tesori, verità
inconciliabili, assunti eccessivamente penosi. Leggiamo, a proposito del “Natale
nel mondo”, come segue: “Quanta ignoranza... arroganza... | quanto sbandamento!
| Ma è Natale nel mondo... | facciamo tutti – mano nella mano – un bel
girotondo!”. E così via.
L’autore guarda alla
problematica spesso evidentemente amara dell’esistenza, con benevola attenzione
e cerca di semplificare alla meglio gli sconcerti del nostro mondo in evoluzione
e in continuo mutamento, utilizzando con animo sereno la linearità di un
discorso che si fa chiaro nella sua visione. Anch’egli conosce, senza dubbio,
“L’angosciosa serenità” che invade l’essere umano in presenza del mistero che ci
circonda e ci raccoglie nel suo estremo rifugio. E ne parla nei versi seguenti:
“Non sono stato altro che lieve | passo agile di gazzella: | troppo veloci gli
anni vissuti | bruciati ad andature da capogiro! | Non resta per questi da
vivere ancora | che dolce amara constatazione: | l’angosciosa serenità del non
ritorno | una placida e celatamente desolata attesa!” E così via, nelle
riflessioni sulle occasioni mancate, sul rapido tramonto della bellezza, sulla
fiducia nell’impossibile felicità, Maurizio Zanon raccoglie briciole di antica
saggezza, nell’esperienza personale della vita e ce ne comunica la bellezza,
l’amara fragilità, la vanità del tutto.
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Recensione |
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