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Nella Nota che riguarda
l’autrice, in quarta di copertina, leggiamo che “giornalista, scrittrice, poeta,
Patricia Wolf si giudica una seguace del ”soft power", corrente letteraria
all’insegna del furore stradaiolo e dei nuovi ideali rock-mantici, in
opposizione all’ondata nichilista “pulp”.
Ne risulta che “La musica è
sempre componente fondamentale dei suoi scritti, sia come ritmo (il contagio
della beat-generation è inconscio) e le tematiche vicine all’adolescenza e alle
“vite ai margini” costituiscono un tratto fondamentale del suo background. Lo
stile è immaginifico ed a tratti visionario”.
Tenuto conto della Prefazione
a cura di Marco Palladino che rileva, qui, “un canzoniere poetico nato
sull’impulso bruciante di un amore da poco vissuto”.
Da notare, inoltre, in esergo:
“... accorgersi che ci siamo noi due | nascosti in fondo a quella piega di
mistero | appena sgualcita dal ricordo | su cui il tempo | assassinato | non
potrà mai posare il suo tocco gelido | con cui ingiallisce | i corpi e la
memoria..” La sofferenza d’amore viene espressa senza ambagi né riluttanza, in
queste pagine, in un clima stilistico di grande normalità, per cui si
evidenziano, nel corso della lirica, in grassetto, le frasi definitive che
proiettano in tutto il componimento l’onda lunga del senso e del significato.
Come in “Ipotesi”, tre versi
fondanti delle strofe indicano il punto cardine del problema: “a) Al centro di
una solitudine”; b) “come una scossa-elettroshock”; c) “spazzolato via da un
uragano di fine estate”. E così via. S’incontrano problematiche di sentimento in
questo tipo di sperimentazione, in queste frecce di riferimento a cui tiene
l’autrice. Guardiamo ora ad alcuni titoli, fra l’altro delle composizioni
liriche: Relatività, Schopenaueriana, Inusefully, Darkness, Il colore dell’odio,
ecc... per finire a Punto interrogativo e a Thanks.
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Recensione |
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