Si tratta di una silloge poetica entrata a far parte della collana Quaderni
Letterari (supplemento all’Antologia “L’eco del XX secolo” del premio
letterario internazionale “Janus Pannonius”, nel quale l’autore risulta
primo classificato). Essa comprende, secondo i titoli, le sequenze delle “Auto
ed Etero Dedicazioni” e quelle definite “All’Insù”.
Tra le prime, la
strofa iniziale del seguente brano: “Pluriforme luce dell’esistenza |
converge a un punto | né cosa né spazio | ma che da allora hanno vita e segno
| mentre ne diverge in nuovi raggi | scissi da ombre ineguali | turbati a
visione translucida...” (Prisma), significativa di una metafora assai vasta
che si protrae, in forme diverse, in tutto il breve arco di questo volumetto.
L’autore utilizza un linguaggio carico di una visione simbolica della realtà
e dell’esperienza, attraverso le quali penetra nel mistero dell’essere e del
tempo. E riesce a dare al lettore l’esemplificazione della complessa energia
che governa il mondo, partendo dall’uomo che trova ancora i suoi significati
nei sentimenti e nel groviglio delle passioni.
Non è privo di un forte
sentimento di autoironia, come “Tante occasioni non utilizzate | una catena di
vuoti... | Giusti zeri su false banconote” (Autoepigrammi). E, per quanto
concerne il titolo enigmatico, proponiamo la lettura diretta de il Nume
Bifronte, lirica che ricalca il senso di tutto il lavoro: “Braccia
impalpabili, mi tiene | solitudine | senza farmi prigione: || Occhi chiari, mi
volge all’azzurro. || Quando sbieco soffio di buio | scempia il bel raggio di
bruma || forse è punizione || sottrarmi è ancora impossibile | come a nume
bifronte. || Come all’angelo che riviene | da una luce dimenticata | a ogni
torno più nitido || su ombra che allungandosi sfuma || scolta a mio senso e
nome | in veglia simultanea | agli opposti d’ogni orizzonte”.
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