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Il tocco femminilmente decoroso quasi si avverte maneggiando questa plaquette, il suo insieme predispone alla dolcezza (forse la copertina?); a rendere ancor più accattivante il tutto c’è poi la forma breve, sempre più diffusa in varie forme: pensiero, aforisma, haiku.

La collana curata da M. Bettarini e G. Maleti si dichiara, infatti, “di testi brevi”. Tuttavia nell’introduzione, pur se dopo una lunga serie di “se”, le curatrici parlano di poesia abbozzandone un profilo di cui fa parte la presunzione, esattamente “non presunzione di possederla”, la poesia. Fra l’indubbio “non presuntuoso scrivere” di Giovanna Ugolini si potrebbe comunque riconoscere una certa presunzione nell’ostentazione di quegli scorci di vita quotidiana composti da suggeriti affetti famigliari, da amicizie lasciate intendere vicine e da colazioni sane e senza fretta; e chi, guardandosi alle spalle non riconoscesse nulla di tutto quello, non potrebbe avvertire un senso di presunzione in quell’ostentata “normalità” che non hanno avuto? Come vedete è tutto relativo.

Questa semplicità punto e basta, senza possibilità di equivoci, che pare rifiutare a priori ogni possibile disquisizione sul semplicismo o sul minimalismo, che certo potrebbe portare a discorsi più capziosi, io non la voglio porre in alternativa ad altri atteggiamenti presuntuosi dei quali non vale neppur dire, tuttavia, pur senza poter presumere di possedere la poesia, il poeta credo debba essere presuntuoso, altrimenti cosa potrebbe scrivere di più; credo debba presumere di possedere la poetica, o almeno il dubbio che lo porti a darle la caccia. Con questa presunzione voglio evidenziare alcune differenze che ho notato nei testi; non cercherò di spiegare in cosa consistano, per evitare che vi accorgiate che non lo so con precisione, ma vi assicuro che le sento: per esempio fra “assale nella notte | un altro giorno” e “tornava con tre uova | fatte dalla gallina”, oppure fra “Vivere | è una grossa responsabilità” e “Mi sveglia un colpo, | come una pugnalata” e infine ho sentito un brivido alla possibilità che il lume della nonna potesse produrre un m’illumino d’immenso. Se essere “politicamente corretti” non può bastare a fare la poesia dovrebbe sussistere almeno il dubbio che non possano bastare neppure “affetti | oggetti di una donna di questi anni” (pur se la solidarietà può rendere comprensibile un moto dell’anima verso la semplicità, che resta comunque un valore relativo. Quanto può essere semplice “il poster dell’ottantuno. | Quegli occhi di bambino”?).

Giovanna Ugolini è una “esordiente”, viene dal mondo dell’immagine nel quale permane comunque un aspetto che potremmo dire “decorativo, ornativo”, senza dubbio assente in poesia, ma l’aspetto vocalistico può reggerne il paragone; per questo vanno prese in considerazione quelle soluzioni che sanno uscire dal contesto che le ha determinate, o almeno procedono in quella direzione, per affermare un valore autonomo, per portarci lontano.

“il tempo passa troppo in fretta. | Già noi siamo cambiati”, “le foto fatte a cubo | di bambini sconosciuti”.

C’è chi dice che la poesia non rimanda ad altro che a sé stessa.

Recensione
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