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Poesia. Sarebbe facile, ispirandosi alla
magica Venezia, cadere nell’oleografia di genere (come tanti
souvenir dell’affascinante città), ma quando l’autore è Adriana
Scarpa tale pericolo viene evitato, anche se a volte affiorano “capelli di alga” (p. 7) o “labbruzzo di conchiglia” (p. 16). La
fantasia è a ciclo continuo, inesauribile, per le tante
belle immagini e l’uso di univerbazioni (remicorallo, p.
17; nebbielaguna, p. 31, e altre) che conferiscono all’opera tra “i giochi della memoria” e “gli arabeschi dell’ombra” (p. 37) un tono squisitamente lirico.
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Recensione |
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