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La Minotti Cerini aveva già pubblicato nel 1993 una prima edizione di questa
silloge, che ora ripropone ampliata, a conferma dell’importanza che
l’autrice continua ad attribuire nel tempo non tanto ai suoi versi quanto al
movimento interno che la porta ad approfondire i motivi di ricerca di una pace
interiore sempre possibile ma continuamente sfuggente. È questo che significa
la parola “Shanti”, ed è questo che la Minotti Cerini persegue battendo il
non agevole sentiero di una fede che si nutre di desiderio più che di certezze
dogmatiche. È indubbiamente evidente l’influsso della spiritualità indiana e
non tanto per i diversi richiami lessicali, geografici o rituali che a questa
rimandano, ma per l’approccio tutto intimistico che esclude ogni interferenza
fra il soggetto orante e l’Entità che ne è l’oggetto. Il Dio diventa così
un costante punto di riferimento posto in alto ma ben visibile all’orizzonte,
un punto verso il quale il sentiero si volge. Raggiungere quel punto diventa
l’imperativo categorico della ricerca, anche se, come scrive Di Ciaccia nella
prefazione, “La certezza di essere entrati nella pace non è ancora possesso
definitivo. E non può esserlo, finché lo spirito ha ancora respiro di terra,
fra il cielo e gli inferi”. Sicché i versi sono pervasi da una sconvolgente
saudade, conseguenza di un complicato sentimento che nel momento stesso in cui
richiama il mondo di certezze possibili, si trova immerso in un alone indefinito
in cui la forza del desiderio che spinge oltre il limite è al tempo stesso
appagamento e insoddisfazione. L’esperienza del poeta cristiano
dell’occidente e della mistica orientale trovano nell’alto grido di speranza
che si leva dall’umanità, malgrado tutti i dolori e le nefandezze, il suo più
forte riscontro, come fa notare ancora il prefatore.
La Minotti Cerini indica la
sua via che non è quella dell’annullamento di sé, ma dell’innalzamento ad
un orizzonte più alto e più ampio che comprenda la luce accecante della
speranza. Il linguaggio rifugge da complicazioni semantiche ed è inversamente
proporzionale alla difficoltà della ricerca spirituale. Infatti, quanto questa
si presenta difficoltosa, irta di ostacoli, tanto più le parole si fanno
semplici, immediate, cercano il necessario riscontro sull’onda di desiderio
che prorompe dall’animo e che è la cartina di tornasole di un paradigma al
quale costantemente rimanda tutto il lavoro, come ben evidenziano questi versi
di Agonia: “Eppure da qualche parte | oltre il muro invisibile | capto
l’armonia”.
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Recensione |
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