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I versi di questa raccolta sembrano giungere da un lembo discosto in cui l’autore si è rifugiato per tentare in piena autonomia un ulteriore bilancio parziale sui temi dell’esistere, con l’esclusivo bagaglio delle proprie incertezze e degli immancabili trasalimenti. E il discorso non resta compresso nel guscio della solitudine: la voglia di comunicare e d’intervenire tra le vie del “possibile” tende a voler instaurare vieppiù un dialogo con un mondo che, comunque sia, deve essere mantenuto sempre in vita, con le sue forme, con le sue armonie e con i suoi insegnamenti primigeni.

Le ben controllate angosce e le ben comprensibili preoccupazioni sono tuttavia sussurrate con la dolce malinconia del tempo che purtroppo trascorre inesorabilmente e che, come il dio Kronos, divora perfino i suoi figli; la sottomessa ribellione è bisbigliata con la policromia di un arcobaleno che sa di avere lasciato alle spalle la turbolenza del temporale, anche se altre nubi son pronte all’orizzonte.

La sequenza delle sillabe di ogni verso sembra scandire un tempo interiore maturo e partecipato, in cui gli stravolgimenti del reale sono così ben camuffati da assurgere ad occasioni di volo dentro certe atmosfere rarefatte e ben sature di percezioni. Un tempo interiore più fluido e più arioso rispetto alla secca scansione a cui sembrano alludere le sibilline sezioni Uno, Due, Tre della raccolta.

Non è un caso se i ricorrenti sintagmi aria, vento, luce, chiarore – che rispettivamente si contrappongono all’immobilismo ed al generale buio della visione umana – nel volgere della lettura riportano a percorsi ampi e di lungo respiro, con una distinguibile traiettoria ben capace di rappresentare le condizioni, le nostalgie (e le speranze?) di un insieme frequentemente offuscato dalle nebbie del mal divenire.

La forma pacata dei distinguibili continui stupori, manifestati attraverso un linguaggio denso e puntuale, sopravvive alla sottesa tensione che nasce sui “muri ciechi degli edifici” o “nell’incessante lamento delle onde” e la parola si propone in questo contesto, con la solidità dei suoi contenuti, per tramutare in segno la dimensione del vivere, per svelarsi nella sua inevitabile profezia dell’ansia e del dolore, nella sua muta e ferma trascendenza.

 
Recensione
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