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Un sincero, brillante ed “estemporaneo” omaggio ad Evgenij Evtušenko, che si ricollega direttamente ad una precedente opera dello stesso Francesco De Napoli, “Nel Tempo. A Ženja ”, edita nel 1998. Lo spunto, o “pretesto”, č partito dal fatto che il grande poeta russo ha voluto onorare De Napoli inviandogli di recente – grazie all’interessamento della traduttrice Evelina Pascucci – un testo teatrale assolutamente inedito, intitolato “Se tutti i Danesi fossero Ebrei”. Un capolavoro assoluto, scrive De Napoli, che conferma l’impegno etico-civile ed umanitario del poeta di Zima. Soprattutto, un’opera teatrale drammaticamente attuale, se pensiamo a ciň che sta succedendo nel mondo. Nel saggio vengono opportunamente presi in esame anche alcuni recenti interventi di Evtušenko, apparsi sulla stampa italiana nelle circostanze piů tragiche, come ad esempio nel corso della guerra nei Balcani e dopo l’11 Settembre in America.

Scrive al riguardo De Napoli: “Una caratteristica originalissima, costantemente presente nelle dichiarazioni di Ženja – come pure nelle interviste rese alla stampa e nei suoi saggi critici – č quella di partire sempre da ‘lontano’, ricercando nella storia, e prevalentemente nella storia della cultura, i necessari agganci e i riferimenti ai singoli episodi di cronaca”. Evtušenko mira a dimostrare anche in questo testo teatrale – senza enfasi e senza retorica – come i problemi di oggi sono figli dei problemi di sempre, ragion per cui solo attraverso la nascita di un “ordine nuovo” – ribadisce De Napoli, citando Gramsci – sarŕ possibile rendere finalmente la societŕ libera e giusta. Non mancano neanche i riferimenti al recente “passato”, nella tumultuosa esistenza di Ženja, ovvero al periodo in cui il poeta, solitario donchisciotte uscito, in un certo senso, “vittorioso” dalla lotta contro i mulini a vento del potere sovietico, aveva combattuto in difesa dei piů elementari diritti civili calpestati. Ciň gli fu possibile non soltanto perché – come si pensa semplicisticamente – egli era un “idolo delle fanciulle”. Prosegue De Napoli: “Evtušenko poteva permettersi di “sfidare” il monolitico establishment sovietico forte non soltanto del fenomenale successo di pubblico a lui arriso, al punto che molte sue poesie, musicate, sono divenute vere e proprie canzoni popolari. La sua autorevolezza derivava, soprattutto, dall’appoggio morale a lui assicurato dai maggiori intellettuali del tempo: basti pensare che persino il grande D. D. Šostakovič si ispirň ad alcune sue opere poetiche per le composizioni Sinfonia n. 13 e L’esecuzione capitale di Stepan Razin. Boris Pasternak, finché fu in vita, stimň a tal punto l’ancor giovane Ženja, da confidare a lui, e a lui soltanto – come ricorda con orgoglio lo stesso Evtušenko – il segreto “credo” che lo aveva accompagnato nel corso della sua tempestosa esistenza”.

Un saggio che penetra a fondo nell’animo e nella poetica di Evtušenko, che Francesco De Napoli dimostra di conoscere come pochi in Italia, e soprattutto di amare.

Recensione
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