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Breve libretto dalla forma
tascabile, La grande impresa è il racconto di una storia che si perde
nell’oblio del tempo. L’impresa che nove cavalieri (templari?) tentano di
compiere nell’XI secolo, andando alla ricerca delle prove materiali, e non più
solo spirituali, della reale presenza di Cristo.
Convocati in onore della Santa
Pasqua nell’abbazia di Sain-Denis dal basco Petro Zugurri, otto cavalieri dalle
esperienze e dalle indoli profondamente diverse vengono a conoscenza, dalle
parole del misterioso vecchio, della missione che sono chiamati a compiere: di
fronte alla frammentazione del cristianesimo ed alla nascita di molte eresie, è
ormai di primaria necessità fare luce sulla figura di Cristo, dalla sua nascita
fino alla Passione; una figura sulla quale nemmeno i Vangeli hanno detto molto,
e se ci sono scritti che lo hanno fatto o non sono stati più trovati o quelli
che esistono si contraddicono tra loro. Gli otto cavalieri, ai quali si aggiunge
la figlia di Zugurri, partono per il mondo alla ricerca di prove, testimonianze
sulla vita di Cristo. Ma il breve libretto non narra di questa epica impresa,
avvolta ancora dal mistero; ne illumina solo velocemente i risultati.
A distanza di dieci anni dalla
loro partenza (avvenuta nel 1033) dei nove non si sa più nulla, fino allo sbarco
nel porto di Venezia di due strani personaggi: Julius Kreff e Maria Zugurri, uno
dei cavalieri e la figlia di Petro, tornata incinta. Gli anni della loro assenza
sono involti in una fitta nebbia; la Torcellan rivela solo, attraverso una
leggenda di origine catara, che i cavalieri, dopo aver vagato per lungo tempo,
erano riusciti a portar a buon fine la loro impresa, avendo trovato “non solo le
prove dell’esistenza di Cristo ma addirittura il suo scheletro, sepolto in una
tomba rupestre sulla via delle Indie. Ci sarebbe stata addirittura un’iscrizione
a dichiararlo, incisa a bulino su una lamina d’oro deposta sul cadavere”. Ma
sulla via del ritorno i cavalieri si erano imbattuti nell’esercito bizantino e
da questo erano stati sterminati. Tutti tranne Julius, che molti anni prima era
stato rapito in Marocco ed evirato per diventare guardiano dell’harem del
sultano, e Maria, ritrovatasi incinta senza sapere chi fosse il padre. E le
prove dell’esistenza di Cristo? Sparite anche queste, ad eccezione della lamina
d’oro, che il padre di Maria non riuscì a consegnare nelle mani del Pontefice
facendo perdere le proprie tracce prima di arrivare a Roma. E chi poteva poi
essere il padre del bambino?
La storia si perde nel buio
dei secoli e nelle parole di mille leggende. Sappiamo solo che quel bambino era
Pietro l’Eremita, il monaco che avrebbe infiammato la folla incoraggiandola alla
crociata.
Breve racconto dall’aria
volutamente misteriosa e dai contorni oscuri, rivela l’interesse mai sopito nei
confronti della figura, per certi versi impenetrabile, di Cristo. Raccoglie una
non ben precisata testimonianza catara secondo la quale esisterebbe una tomba
contenente lo scheletro di Cristo, per di più situata sulla via delle Indie, ed
un’iscrizione che ne testimonierebbe l’esistenza… ma anche la natura mortale. A
dimostrazione del bisogno di conoscenza che contraddistingue l’essere umano, ma
anche della sua necessità di credere e di difendere ciò in cui crede. Anche a
detrimento della verità.
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Recensione |
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