In un tempo come il nostro, disposto per natura alla scoperta antiformale del
passato, un tema come questo dei rapporti fra amore e gastronomia si potrebbe
dare largamente per scontato. Non mancano in ogni caso riedizioni di testi e
memorie proposti in modi pedissequi.
Livio Cerini di Castegnate si scosta da
tali linee per affrontare l’argomento non solo con la tranquilla padronanza
delle fonti, ma con una personalissima capacità di interpretarle. Ciò gli
permette di rivisitare la materia in termini originali, sia sotto il profilo
culturale che sotto quello del costume.
“A tavola per amare” – sebbene
sembri assumerne le caratteristiche – non si lascia confondere né con certi
discutibili ricettari predisposti all’ambiguità, né con altre dozzinali
rifritture che circolano con discutibili intenti di suggestioni. Combinando
senza forzature gli stimoli naturali della golosità e dell’erotismo, la
singolarità del libro si manifesta con qualità autentiche, di competenza e di
buon gusto, che lo fanno nettamente distinguere. L’autore tiene uniti i due
campi con la ricchezza dell’informazione e con la necessaria vena di ironia.
Un’occhiata al sommario (di eccezionale varietà tematica) non consente di
ascrivere l’opera di Cerini ad un unico e preciso genere di interessi. Al
contrario la preziosità delle ricette si accompagna alla profonda padronanza
dei riscontri storici, mentre le note di costume si accordano con naturalezza a
quelle tecnico-scientifiche, sanitarie e culinarie, relative a ciascuna
specialità. All’inizio l’autore sembra cercarsi da solo le credenziali
opportune, aprendo il testo con l’arguta e deliziosa “lettera di Giacomo
Casanova”, chiamato ad estendere una protezione culturale sulle sue pagine,
additate come vera e propria “enciclopedia della sexy-cucina”. In realtà ciò
che viene da pensare via via che si scorrono i capitoli è il senso di un lavoro
che va ben oltre quell’illustre patronato. In effetti il volume (pur ricco di
molte illustrazioni allusive) si scosta dalla benedizione casanoviana,
impiegando accortamente tutti gli strumenti propri del grande esperto di
raffinatezze culinarie, quale Livio Cerini mostra di essere. Egli intinge in una
vastità di sicuri riferimenti alimentari le sorridenti suggestioni amorose; e
così giustifica appieno il carattere di “operetta umanitaria” che predilige
per la sua fatica di compilatore.
Certo, navigando nei mari della grande cucina,
dietro la bussola erotica del maestro veneziano, il gastronomo lombardo ne tiene
presente il particolare; nel contempo studia con intelligenza ogni ricetta allo
scopo di suscitare nel lettore l’apprezzamento combinato verso le gioie della
tavola e dell’amore. La linea che egli segue è quella di un equilibrio
oraziano, moderato dall’attenta scelta delle ricette e dalla piacevolezza
narrativa. Così da una parte tutto l’universo sensibile si raccoglie nelle
proposte dei cibi e delle bevande, studiati nei particolari degli ingredienti e
delle misure. D’altra parte al lettore viene anche suggerito a riscontro un
sereno distacco di natura estetica sia dalla concretezza materiale che dalla
finalità erotico-amorosa, spesso lasciata sottintesa.
Il libro si gusta dunque
secondo vari registri, ciascuno dei quali garantisce procedimenti ed emozioni
sorvegliati dalla raffinatezza dell’esperienza più che ammiccati da una
sorridente complicità.
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